Una breve ma meritata recensione per questo ballet, che l’altra sera ci ha davvero entusiasmato.
Eravamo una quindicina di persone, tutte a vario titolo coinvolte nel mondo della danza, e ci siamo stupite di vedere in sala un pubblico estremamente eterogeneo: nonni, bambini, coppie, addetti ai lavori … ma è stato un piacere rendersi conto di quanto questa compagnia en travesti abbia saputo fare del proprio intento un linguaggio universale, e della propria abilità uno strumento di incredibile comunicazione.
La prima scena è dedicata ad un classico per eccellenza, il Lago dei cigni: c’è tutto l’armamentario, lo sfondo cupo, lo stregone… inizia la musica… ed è a questo punto che si comincia a ridere, perché la chiave di volta scelta da questi ballerini è la presa in giro di determinati stilemi e cliché della danza accademica, e lo fanno con superba padronanza dei mezzi espressivi, senza mai cadere nel farsesco, fermandosi sempre aldiquà della sottile linea del buon gusto e dell’ispirazione.
Anche uno spettatore che non conosca affatto passi e figure riesce a percepire l’intenzione di fondo, cioè lo sguardo ironico e ricco di contenuti verso determinati manierismi, i quali, aldilà di scuole, stili e innovazioni, sempre colpiscono quanto prodotto dall’uomo, in quanto è il rischio implicito in ogni linguaggio: pertanto vediamo scorrere sul palco alcuni famosi brani classici, per giungere poi alla danza contemporanea, la quale, in “Patterns in space”, mostra i suoi limiti (culto immotivato e tout court della sperimentazione, astrazione della forma dal senso e del corpo dalla musica, etc…) in un modo bonario, ma preciso e indiscutibile.
Pure nel Grand-pas-de-quatre troviamo uno sguardo attento, che ricrea le tensioni e le rivalità della messa in scena originale, in un crescendo buffissimo e coinvolgente che non rinuncia mai a rappresentarsi in modo professionale, salvaguardando, a tutto vantaggio della riuscita comica, la distanza fra palco e platea.
Chiude lo spettacolo una splendida Petipa, con costumi sfolgoranti e garretti d’acciaio a sostenere lo sforzo richiesto dal brano prescelto, assai vivace e brillante.
Pertanto, uno spettacolo di danza davvero riuscito: questi signori in tutù sono ballerini splendidi, e veicolano il messaggio che il linguaggio dei corpi è universale, in grado di unire le età e farle divertire in modo intelligente.
Concludo questa recensione ripensando alla splendida Tarantella danzata nel primo atto: un pas-de-deux assolutamente indovinato, intenso, leggero, azzeccato, come di rado la danza di carattere sa essere, e invito chiunque ne abbia l’occasione a non farsi sfuggire la possibilità di assistere a questo show, a tutto vantaggio del cervello e del cuore, che ne usciranno rinvigoriti e tonificati.
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