Recensione Il delta di Venere di Anais Nin

Ci sono due modi di leggere “Il delta di Venere”, e – per l’amor del cielo – non condanniamo nessuno dei due.
Il primo è tutto fisico e risponde alle esigenze del corpo: non si può negare che alcuni dei racconti erotici che compongono questa antologia di Anais Nin facciano ribollire il sangue come un pentolino di acqua calda pronta per la tisanina di mezzanotte. Pur con lessico e sintassi ricercati e persino eleganti, narrazioni esplicite ed atmosfere calienti contribuiscono a suscitare sensazioni che – ahimè – la pellicola tristemente tratta da questo testo non si avvicina neppure a stimolare.

Il secondo è un piano decisamente più mentale, che finisce per dichiarare all’universo letterario intero una solida verità: è complicato immaginare come un uomo possa produrre letteratura erotica meglio di una donna, od anche solo avvicinarsi alla sincerità priva di pudicizia eppure mai volgare di una scrittrice che punta decisamente la sua attenzione sulle Emozioni. Si tromba, certo che si tromba, ma più precisamente ci si fonde nel corpo amato – per una vita o per una notte intensa – e non vi sono limiti alla passione. Persino disturbante, in alcuni tratti, in cui pare che la Nin veni di sarcasmo le richieste sempre più pressanti del “Collezionista” committente dei racconti di dedicarsi al solo sesso, tralasciando atmosfere e sensazioni.

Dall’adolescente alla matura, dalla scoperta alla prostituta avvezza ad ogni richiesta, le protagoniste sono sempre – e non poteva essere altrimenti – le donne: un vero invito per noi pene-dotati ad indagare un mondo di percorsi al femminile, struggenti ed intriganti insieme, e forse mai del tutto compresi fino in fondo.

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