Concorso Internazionale: Terri

Prima di dedicarci ai film che certamente arriveranno nelle sale, ossia alle anteprime che hanno gremito la Piazza Grande di Locarno, c’è una pellicola americana che a furor di popolo è stata proiettata oltre i passaggi previsti dal programma, ma che ciò nonostante è tornata oltre oceano a mani vuote, sebbene tra tutte le opere del concorso internazionale fosse una delle poche in grado di attirare l’attenzione e venire distribuita in qualche cinema. Parliamo di “Terri”, una commedia triste sull’adolescenza, l’emarginazione ed i rapporti umani in un’anonima cittadina di provincia del nuovo millennio. Primadonna un ragazzone in piena adolescenza troppo alto e soprattutto troppo grasso per la sua età, che va a scuola svogliatamente, indossando un pigiama, cosa che decisamente non favorisce la sua integrazione, e del quale non pare che a nessuno importi molto.

Terri è un ragazzo problematico, non c’è dubbio, ma ben presto ci rendiamo conto che sia in “buona compagnia”. Lo stesso Preside del liceo, il signor Fizgerald (interpretato niente meno che da John C. Reilly), si ritrova infatti a dedicare settimanalmente parte dell’agenda ad un eccentrico gruppo di studenti. Cosa che va ben oltre i suoi compiti! Quest’uomo a metà tra l’impiegato con un gran senso del dovere ed uno psicologo, riesce ad aprire un canale di comunicazione, quindi a creare un gruppo, a far socializzare i ragazzi tra loro ed infine a farli aprire verso il mondo.

 

Il regista, Azazel Jacobs, ci racconta di come abbia voluto sfidare se stesso e fare propria una storia non sua sotto diversi aspetti: il contesto non è quello del suo passato (egli è cresciuto in un ambiente cittadino e borghese assai differente), il racconto è basato su quanto creato dalla fantasia dello scrittore Patrick deWitt e Terri è un personaggio che nasce dall’unione dei tratti che contraddistinguevano i personaggi di vari racconti. La volontà è chiaramente quella di fare un salto di qualità ed accedere ad un livello di cinematografia dalle ben più ampie vedute, dai maggiori budget e con eco internazionale più plateale.

Decidiamo quindi di perdonare a Jacobs quei primi 20 minuti troppo in esterni e troppo silenti (eh già, altro lavoro dichiaratamente eco-friendly che si colloca tra i film indipendenti c.d. indie) perché poi ci offre una chiara critica verso una società che oramai genera e dimentica ogni sorta di emarginato, per l’attestato di stima e fiducia nei confronti dell’essere umano, anzi dell’umanità che lo contraddistingue, e per il sarcasmo che attribuisce al protagonista rendendolo prima di tutto ai nostri occhi un vincente e poi facendolo vincere anche nei fatti.

Film attento a non superare il limite, non crudele ma chiaro e decisamente ambizioso con un cast che lo colloca tra le opere indipendenti piuttosto di lusso. Non è una commedia, la risata è solo un sorriso molto amaro, perché questa storia ci ricorda quanto siamo fortunati e quanto la fuori ci siano situazioni di disagio profonde, vissute con dignità e dalle quali si può riemergere. Comprensibile che nonostante sia un film sugli adolescenti, che voglia infondere forza a loro e a chi li circonda, negli Stati Uniti si sia scelto di permettere l’accesso in sala solo a chi abbia superato i diciassette anni.

Chiudiamo con un (meritato) applauso a Jacob Wysocki che alla sua prima prova davanti alla macchina da presa, non solo ha indossato i panni del protagonista, ma ha dovuto pure dividere il palco con John C. Reilly.

 

 

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