Con i numeri si può fare quel che si vuole, chiunque può rendersene facilmente conto. E la numerologia, da alcuni vista come fonte di saggezza e accesso privilegiato a conoscenze esoteriche, dagli scettici come il sottoscritto è vista solamente come un’associazione di idee, a volte interessante, spesso divertente, qualche volta dalla logica stiracchiata, certamente con una semplice e razionale spiegazione nel nostro modo di pensare e lasciar fuori quello che non si adatta al nostro schema pseudo-matematico.

In particolare nel mondo del rock è piuttosto noto il ”CLUB 27”, che riunisce i musicisti  Robert Johnson, Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain nonchè l’artista Jean-Michel Basquiat, tutti accomunati dalla loro tragica scomparsa alla giovane età di 27 anni nonchè, naturalmente, da una vita diciamo “movimentata”, problemi di uso e abuso di droghe, alcool e/o depressione.

Addirittura (per meglio chiarire la flessibilità di certi schemi) prima di Cobain il club era chiamato J27, poi, vista l’assenza della fatidica lettera nell’acclamato cantante dei Nirvana, il nome è stato per lo più riadattato, ed il club allargato.

E chissà se tra un bicchiere e l’altro Amy Winehouse era consapevole del suo destino. Se nella sua corsa verso l’autodistruzione c’è stata una più o meno consapevole volontà di accelerare i tempi per avere il discutibile onore di entrare a far parte del Club e dei suoi certo onorati ed indimenticati membri.

Non è mai stata tra i miei idoli musicali e non sono mai arrivato a comprare un suo disco ma certamente ho sempre apprezzato la voce di Amy. Conosco poco della sua vita ma nella sua voce estremamente espressiva (e per questo tanto apprezzata) si potevano sentire coltelli graffianti, aquile in volo, angeli caduti…. rabbia e passione, voglia di riscatto e paura di non farcela!  Nel susseguirsi dei videoclip in heavy rotation in questi giorni si può invece leggere negli occhi di Amy l’evoluzione, o meglio, l’involuzione di un’artista che non ha saputo reggere il peso della notorietà nè – evidentemente – gestire le  sue debolezze.

A qualche giorno di distanza dal suo abbandono, dopo aver sentito commenti televisivi, radiofonici, dei suoi fan e dei suoi detrattori non penso sia giusto nè demonizzare i suoi comportamenti scellerati che l’hanno condotta ad una fine inevitabile nè osannarla come modello di vita.

Quello che resta nella Storia e che può arricchire tutti noi, come sempre avviene, è la sua Musica. Ed alla fine il senso del club penso possa essere proprio questo: creare un’occasione in più per ricordare dei grandi artisti e la magia delle loro note.

Ciao Amy, a risentirti.

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