E’ un qualcosa che non faccio mai, ma questa volta non ho saputo resistere: una passeggiata su Internet per capire quali fossero le reazioni dei lettori dell’ultimo romanzo di Carlos Ruiz Zafon era quasi obbligatoria.
Ho colto una netta separazione: c’è chi ha mal sopportato la decisione di ripubblicare un romanzo giovanile decisamente poco riuscito, sfruttando unicamente la popolarità dell’autore, e chi ha amato “Le luci di settembre” dalla prima all’ultima pagina. Concordo con i secondi solo su quest’ultimo aspetto: anche a me non è affatto dispiaciuta l’ultima facciata, principalmente perchè segnava la fine di un indigesto incubo letterario e mi veniva garantita la possibilità di dedicarmi a più piacevoli e sensate letture.
E’ lo stesso Zafon a confessare che il romanzo, edito nel 1995, non lo soddisfaceva affatto; una impressione che lo portò a predisporre una completa revisione nel 2007 (ma guarda un po’, dopo il successo de “L’ombra del vento”) e alla ripubblicazione nel 2008 (ma guarda un po’, subito dopo il nuovo successo de “Il gioco dell’angelo”). L’impressione generale è che l’autore spagnolo avrebbe forse potuto disporre meglio del suo tempo, magari dedicandosi ad una nuova ed originale produzione.
Improbabili apparizioni ed eventi che si vorrebbero misteriosi e macabri ma che finiscono per risultare puerili caratterizzano la trama di un romanzo francamente confuso: la sensazione, proseguendo nella lettura, è quella di un maldestro tentativo di evocare temi esoterici e renderli intriganti. Con il risultato di far pensare alle vecchia Bianchina Panoramica del nonno, che non ne voleva sapere di partire nonostante – brumbrumbrumbrumbrum – sembrasse sempre sul punto di farlo. Sfogli, sfogli, sfogli e avverti chiaramente il rumore tipico del motore ingolfato, con l’aggravante di non avere a portata di mano il numero di telefono di un buon elettrauto.
Per proseguire nella metafora, chiuderò formulando una speranza che è anche un po’ un desiderio: l’augurio è che Zafon non abbia esaurito la benzina, e si stia preparando per condurci lungo strade panoramiche e itinerari finalmente originali.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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