Recensione film Non Lasciarmi

Never Let me Go titolo di fantasia per una canzone inesistente della autrice mai nata Judy Bridgewater, frutto della penna dello scrittore Kazuo Ishiguro, le cui opere paiono inesorabilmente legate al grande schermo. Dopo “Quel che resta del giorno” anche “Non lasciarmi” viene condensato in un paio di ore di immagini opache e tristi quanto i volti dei suoi protagonisti che molto bene si con-fondono con l’ambiente circostante.

Mark Romanek, dopo una ventennale carriera videomusicale, e la tiepida accoglienza del suo “One Hour Photo”, peraltro mai stroncato (!), si ri-addentra nel mondo del lungometraggio adattando il romanzo dolce e amaro “Non Lasciarmi”. Storia di tre cloni, pezzi di ricambio che deambulano sino al sopraggiungere della loro ora, quando coscienti e consenzienti affrontano la fine della loro breve vita. Esistenze sbiadite in una cornice dominata da non-colori perché sono vite che non devono essere vissute per il loro e il nostro bene. Si, perché scoprire che, seppur repliche di altri uomini, nonostante abbiano un’anima e si nutrano di emozioni, non avranno mai un futuro, non agevola il loro inesorabile sacrificio. Loro sono nati per non esistere e noi per non provare più scosse emotive che altrimenti ci farebbero dubitare sull’ortodossia delle nostre discutibili azioni con le quali ci garantiamo, all’occorrenza, la sopravvivenza.

 

Dolce, gentile, garbata storia che cela dietro un problema etico, che probabilmente si procrastinerà (speriamo) all’infinito, una critica ben precisa all’odierna società: arida, che ci educa alla legge del taglione, che ci porta a non provare emozioni e a rendere i sentimenti funzionali ai nostri scopi. Siamo dei non–uomini. Tutti ciò che ci contraddistingueva sta svanendo sotto i nostri occhi coscienti e consenzienti. Nonostante l’aria melanconica, l’autore sembra però riporre speranze: sino a che arte, creatività ed emozioni esisteranno, la nostra anima, la nostra unicità e i nostri istinti ci potranno scuotere e ricordare che siamo Umani. E quasi provocatoriamente Kazuo Ishiguro affida il compito di ricordarcelo a Kathy, Ruth e Tommy, i nostri tre protagonisti nati in laboratorio (interpretati da Carey Mulligan, Keira Knightley e Andrew Garfield) ai quali non sarà mai sottratta la dignità, così come non verranno mai a mancare rigore e coerenza nonostante sentimenti come amore, gelosia, colpa e speranza domineranno le loro tre brevi vite. Una vera e propria lezione a 360 gradi!

 

Film di fantascienza, nonostante l’assenza di effetti speciali, per l’argomento affrontato e film drammatico per la storia d’amore e di amicizia che emerge con grande forza. Elogio alla regia che sposa una sobrietà tutta orientale e non cerca con alcun fotogramma di indurci alle lacrime. Tutto scorre e terminerà esattamente com’era previsto lasciandoci, se vorremo riflettere, con l’amarezza ed il dubbio se una vita senza speranza valga la pena di essere vissuta, altrimenti con la serenità lasciata tipicamente da immagini che non vogliono mai turbare.

Opera intelligente, forse troppo…

 

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  • Nel suo pre-sentimento allarmistico e cupo, Romanek attinge dal romanzo di Ishiguro e dirige con singolare gradevolezza, componendo quadri a ogni scena, fissando la MdP in angoli inusuali e rendendo la forma del film così aperta che la nostra curiosità non può far altro che crescere, attendendo sempre un episodio illuminante e rivelatorio.
    Per me, uno dei migliori film dell'anno.

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