Recensione film Transformers 3: Dark of the Moon 3D

Michael Bay ha infine portato a compimento la sua Trilogia sugli imbullonatissimi e trasformabili robot senzienti, che nonostante siano più evoluti e ne sappiano molto più degli umani su tutto, emotivamente sono un disastro come se non peggio di noialtri. Divisi pure loro tra buoni (gli Autobot) e cattivi (i Decepticon), una volta esaurita la superficie calpestabile del proprio pianeta, hanno spostato il terreno di battaglia in casa d’altri: il compimento dell’estinzione della propria specie avviene sulla piccola e primordiale Terra sotto i nostri occhi, appunto.

Ciò non vuol dire che ora ci libereremo del regista, al contrario…

Spesso criticato, anzi coi Trasfomers direi massacrato, Bay sa fare cassa e più le sue opere sono irreali anzi surreali, grottesche, decisamente ridicole, incoerenti e talvolta pure parodia di sé stesse, più le sale cinematografiche si riempiono, nasce l’ennesimo BlockBuster e gli viene commissionato il disaster movie fantascientifico successivo che, nonostante ciò che si pensi, si dica e si scriva, sarà un nuovo successo. E’ stato così con Armaggeddon, Pearl Harbor e soprattutto con La vendetta del Caduto

 

Transformers 3 supera i capitoli precedenti in tutti i sensi: per durata – è l’episodio più lungo; per bellezza ed inutilità del personaggio femminile – la bambolina Megan Fox è stata sostituita dalla modella Rosie Hunington-Whitelety che sarà pure più mannequin, ma è ancor meno attrice della precedente prima donna;  per spettacolarità e smodata esagerazione delle scene – la battaglia tra in nostri amichetti double face che domina tutta la seconda parte della pellicola è lunga, roboante, senza esclusione di colpi, estenuante, distruttiva (non rimarrà verticale neppure un mattone dei grattacieli di Chicago), spettacolare, appagante anche sotto il profilo 3D, e decisamente assurda; e per cast –  Shia La Beouf e John Turturro dividono la scena con un John Malkovick che, sulla scia di RED, ci offre un direttore di azienda paranoico e con infantilismo di ritorno assai convincente e divertente e con (al contrario) un improbabile Patrick Dempsey, nei panni dello spietato ed umile servo umano dei Decepticon, che bocciamo senza appello per aver mantenuto il languido (e qui inopportuno) sguardo che contraddistingue il suo Dr. Stranamore in ben altro genere di saga.

 

Questi film tratti dall’omonima serie animata degli anni ‘80 non hanno mai brillato per attendibilità e coerenza con la storia, ma qui addirittura si riscrive un passaggio importante che ha contraddistinto il ‘900: la conquista niente meno che della Luna. E così, dopo un’inaspettata (e notevole!) parte iniziale in cui riviviamo il lancio dell’Apollo XI ed ascoltiamo le “ulteriori” parole di Armstrong unite a quelle “nuove” del Presidente degli Stati Uniti, ci ritroviamo più coinvolti del solito e rimaniamo conseguentemente più delusi del previsto una volta superata la prima mezz’ora della pellicola. Con evidente volontà di cavalcare l’onda del successo sicuro che solo la combine testosterone + effetti speciali sembra riuscire a garantire negli ultimi anni, gli eventi son proposti con minor umorismo e ordine rispetto ai precedenti film. È così che una gran quantità di fotogrammi sono dedicati alle curve mozzafiato della statuaria pianta ornamentale – angelo Rosie e si lascia che i robot se le diano gratuitamente per quasi un’ora durante un’assurda (ma chi-se-ne-frega) battaglia in cui il migliore, più saggio, più buono e risolutivo leader della specie aliena rimane fuori gioco perché imbrigliato in alcuni cavetti dell’alta tensione – esilarante!

Ammettiamolo, quest’atto finale piacerà solo a chi apprezza le opere in cui si può mettere in cervello in modalità provvisoria… e senza remore ammetto di essere una di loro :-)

 

 

 

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