Lo temevo, giuro che lo temevo.
“Va tutto bene” campeggiava da un po’ sulla mensola dei libri ancora da leggere; complice la settimana di inibizione dall’ingresso in libreria (causa compleanno in arrivo e minaccia di percosse fisiche se mi ci fossi avvicinato) ed una coincidente necessità di razionalizzazione degli spazi sulle mensole, il romanzo di Arno Geiger – caso editoriale 2005 in Germania e in diversi altri paesi europei – ha conquistato finalmente la posizione più privilegiata: il mio comodino.
Eppure, vi assicuro che continuavo ad averne un po’ paura.
Aggiustati i cuscini dietro la schiena. Posizionate le gambette sotto un fresco lenzuolo. Sospiro di soddisfazione. Rapida scorsa della seconda di copertina, dove la preoccupante combinazione “saga familiare” più “letteratura tedesca” più “trentenne insicuro” non faceva presagire nulla di buono.
I timori si stavano moltiplicando…
Poi… Poi mi sono tuffato in un romanzo che si snoda su tre generazioni, i cui legami familiari vengono svelati a poco a poco. Dalla coppia borghese che cerca una distanza con il regime nazista post annessione austriaca al giovane Philipp, si dipana un filo che unisce storie personali perfettamente rappresentative di cinquanta anni di storia europea. Una pagina alla volta, mi son reso conto che mi stava catturando: complici una struttura narrativa che ti porta a spasso nel tempo senza generare confusione ed una galleria di protagonisti ottimamente caratterizzati, mi sono sorpreso ad apprezzare una scrittura agile e opportunamente realistica, senza troppi effetti speciali e unicamente dedicata ad accompagnare il dipanarsi degli eventi. E’ quasi una investitura: Geiger sembra voler sottolineare come l’attenzione debba concentrarsi esclusivamente sui personaggi narrati e sulle loro storie, esemplari dei periodi storici in cui sono calati. Da nonna Alma (gran bel personaggio!) all’ex ministro, per arrivare al (finto?) scrittore Philipp, nostro contemporaneo e non a caso invischiato in una crisi che non è economica ma di valori, di interessi, di rapporti umani.
Persino il finale, che può apparire debole o quanto meno tronco, sembra concorrere alla stessa impressione: Geiger ha voluto fotografare delle storie che hanno al loro centro l’Uomo. E come ogni buona sequenza fotografica, è l’immaginazione di ognuno che deve sopperire alla mancanza di informazioni sul “prima del rullino” e sul “dopo il rullino”.
E quello che mi era apparso come una potenziale mattonata marmica, si è rivelato un romanzo dal peso insospettabilmente leggero, senza per questo scivolare nella banalità. E io, adesso, non lo temo più, proprio per niente.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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