Recensione mostra “Intersections”, Spazio Oberdan, Milano

Lo Spazio Oberdan di Milano ospita fino al prossimo 1° maggio “Intersections”, una mostra allestita in collaborazione con il ministero greco di cultura e turismo e che si inserisce nell’ambito di una collaborazione più estesa con le istituzioni elleniche originalmente intitolata “Milano incontra la Grecia”.

La mostra, ad ingresso libero, suddivide orizzontalmente in due gli spazi espositivi dell’Oberdan: nella parte destra, sono ospitate le fotografie in grande formato di Lizzie Calligas, artista ateniese che nel 2007 ebbe la possibilità di ritrarre le korai del museo dell’Acropoli imballate prima del trasferimento in un nuova sede. Sono immagini estranianti, fortemente malinconiche, francamente poco originali ma impossibili da non associare a corpi reali rinchiusi in sacchi mortuari o incappucciati per orribili rapimenti. O, e ci si avvicina pericolosamente, il pensiero corre a donne costrette a nascondere ogni centimetro della loro pelle, ed il colore degli occhi.

Sulla sinistra, è presentata l’installazione di George Hadjimichalis, artista specializzato in opera scomponibili, concepite come singole unità spesso caratterizzate da un forte accento multimediale. All’Oberdan scopriamo “Ospedale”, composto da un acrilico sulla parete principale, un filmato-slide show con toni che sfiorano tutta la gamma del grigio, ed una sorta di gigantesco diorama al centro, costruito con una serie di tubi che presentano una finestrella sui due lati. Mi rendo conto che è difficile da spiegare, ma l’effetto – nell’avvicinare la pupilla alla finestrella – è quello che visualizzate più in basso: piccole figure che popolano corridoi quasi infiniti, in un momento di ricordo di uno degi luoghi più alienanti con cui dobbiamo, giocoforza, confrontarci.

[five-star-rating]

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