Recensione film: “La versione di Barney”

 

*attenzione spoiler*

Alla fine l’hanno fatto. Si prestava troppo bene ad un film e se ci pensiamo ha retto davvero tanto! Così a 10 anni dalla morte dell’autore, assistiamo alla trasposizione su celluloide di quello che viene considerato il capolavoro letterario di Mordecai Richler.
Libro letto tutto di un fiato, complice la presenza di un ombrellone, e ad oggi introvabile nelle librerie; talmente amato, condiviso e discusso che con un pochino di scetticismo ho affrontato la versione cinematografica.
Serata iniziata con l’imprevisto, il cinema prescelto pretendeva di vendermi un biglietto in una penosissima terza fila per farmi vedere una pellicola danneggiata (pure!), si è invece conclusa con un successo. Tutto vero quello che titolano i maggiori quotidiani del Paese: Paul Giamatti, il nostro Barney, è bravo nella sua sobrietà e Dustin Hoffmann, nel ruolo del padre, ha una recitazione tanto equilibrata quanto intelligente. Si, il profumo di Academy Award lo sento anch’io nonostante, a voler fare la precisina, ci siano non poche approssimazioni, prima fra tutte proprio la moderazione con cui viene affrontato un testo a tratti decisamente irriverente e mooolto impregnato di quell’umorismo che solo gli ebrei colti sembra abbiano nelle vene.

Credevo che la storia fosse nota ai più, invece dopo i commenti delle persone in sala, direi che uno spoiler sia necessario: è la vita soprattutto sentimentale di Barney Panofsky quella che vediamo per due abbondanti ore. I suoi trascorsi dagli anni ’60/’70 ad oggi, le scorribande in giro per l’Europa con gli amici più cari ritmate da troppo alcol e ricorrente abuso di droghe. Ma soprattutto i suoi tre matrimoni, con tre donne tanto diverse tra loro, differenti ma sempre forti e di carattere, decisamente fulmini a ciel sereno, e alla fine tutte perse. Come ogni storia che si rispetti, solo una gli cambierà la vita e il film focalizza proprio su quest’ultima.

Eh si, due sono le differenze fondamentali rispetto al testo: lo sviluppo preponderante di solo una parte del libro e l’assenza della malattia sino a quando necessario. Se quest’ultima scelta è condivisibile, in quanto una storia così sarcastica e a tratti noir sarebbe potuta scivolare in un pietistico drammone strappa lacrime, troppo vicino alle soap opera e poco al mio gusto; molta più perplessità ha invece suscitato la scelta di liquidare in si e no 10 minuti la “prima signora Panofsky”, ma poi.. tra una risata e l’altra, un ricordo di una estate che si fa sempre più lontana, e la sovrapposizione dei nuovi volti a quelli immaginari che avevamo attribuito ai personaggi, serenamente, senza scivoloni e colpi di testa, ci accorgiamo di essere giunti alle battute finali. E ci rendiamo così conto che anche la regia ne esce a testa alta: non ha abusato e/o stuprato il testo ed ha optato per un tocco delicato, un vero inno alla moderazione, che ci porta a tifare per tutti. Vogliamo un premio!

Consigliato a chiunque voglia trascorrere una serata fatta di buona recitazione e di risate intelligenti. Posto che il ricordo dei molteplici cinepanettoni è ancora vivido nella nostra memoria, direi che questo film sia vero  o s s i g e n o 

View Comments (1)

  • # 1
    Sempre un ottimo motivo per venire a leggere questo sito. Bellisssimo scritto.
    Di Anonimo (inviato il 23/01/2011 @ 01:39:02)

    # 2
    Aggiungo i miei two cents: temevo moltissimo una pellicola tratta da un libro che ho amato molto. Piacevolissima scoperta! La tentazione di trasformare Barney in una caricatura macchiettistica di se stesso è stata, grazie al cielo, disattesa. Ottimo!
    Di Alf (inviato il 23/01/2011 @ 20:26:19)

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