Recensione del film Hereafter di Clint Eastwood al cinema dal 5 gennaio.
(Attenzione: spoilerini qua e la)
È la seconda volta in una settimana che mi ritrovo a pensare, ragionare e riflettere sulla riuscita di un film. Decisamente la prima esperienza di Clint Eastwood con l’Aldilà, non lascia indifferente lo spettatore: nonostante mi sia concessa solo l’intervista telefonica che il regista ha accordato ad una emittente radiofonica, ho appreso chiaramente che l’intellighenzia sia spaccata in due. Ammetto che la mia simpatia per l’uomo rimanga immutata, nonostante ahimè sia ferma la sensazione che egli si voglia ribellare all’età anagrafica che ogni anno inesorabilmente aggiunge un +1. Dato che il Signore mi è parso ancora molto lucido, direi che probabilmente (concedetemelo) gli stiano girando i cosiddetti posto che il corrente sarà il suo ottantunesimo anno di permanenza nella nostra dimensione. Forse, proprio per tale motivo, oramai egli accetta ogni sorta di sfida sino alla più temeraria, che in questo caso è stata di trasporre su pellicola una porcheria di sceneggiatura riuscendo a renderla pure godibile.
Avete capito bene, se mi si presentasse l’occasione, prenderei a martellate le ditina del “creativo” che ha scritto una tale sciocchezza. E allora per quale ragione salvo la regia? Semplice, perché ha dimostrato che quando si sa fare il proprio mestiere, che evidentemente non è solo girare e montare una serie di fotogrammi fedeli ad uno scritto, si può comunque confezionare un film che funzioni.
Come? Il regista ha imposto un apolitico e aconfessionale taglio drammatico, una pacata e molto francese fotografia – che mi ha regalato lo tzunami meglio riuscito degli ultimi anni, nonostante non vi fosse la minima intenzione di focalizzare sugli effetti speciali – e soprattutto ha atteso che gli attori giusti (in grado di recitare!) si rendessero disponibili per dar vita alla sua prima opera sul “ciò che c’è dopo”. E l’opinione pubblica, con la sua sovrabbondanza di opinioni e dibattiti, non fa che confermare che Eastwood abbia vinto l’ennesima sfida.
Tre luoghi rappresentativi di tre distinte realtà, tre differenti contatti con la morte e le tre reazioni ad essa del genere umano: protagonisti infatti sono un uomo, una donna ed un bambino. Nulla lasciato al caso e nessuna lezione di morale. Ed è così che la pellicola ha ottenuto sorprendentemente il plauso de L’Osservatore Romano, ah!
Parigi, Londra e San Francisco, le tre città simbolo dell’avanguardia, in cui vivono i sopravvissuti alla morte. Ognuno con la propria unica esperienza, ognuno drammaticamente solo mentre va avanti, ognuno che deve scegliere se e come dimenticare. La anchorwoman di successo intrappolata dai ricordi dell’esperienza vissuta, il giovane che non riesce a toccare le persone senza provare delle sensazioni che sembrano più una croce che non un dono ed il bambino che non dovrebbe ma assiste alla perdita della propria “metà”.
Nulla da eccepire sulla credibilità delle vicende e sul loro ancoraggio alla realtà (decisamente controcorrente e apprezzabile basarsi solo sui fatti acclarati per suggerire la possibilità che vi sia un al-di-là), molti invece i dubbi sulla virata finale: perché farli incontrare, perché in quel modo e perché quella irritante vena dolce, melensa, speranzosa? Che per Mr. Eastwood fosse personale rituale scaramantico, può ottenere tutta la nostra comprensione, ma non può essere giustificazione sufficiente e soprattutto coerente con l’elegante taglio signorile dato alla presentazione dell’argomento. Peccato si sia perso via (!) il risultato è un film si drammatico ma in cui si percepisce tutta la lunghezza della seconda ora.
Siete avvisati… quindi poi non venite a dirmi che Hereafter vi ha stremati ;)
EDIT: l’intervista al regista durante Hollywoodparty è disponibile in podcast qui
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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