Ora so anche si dice “ridere a crepapelle”: ci sono buone probabilità che io abbia fatto alzare i vicini, mentre leggevo il pezzo di Mata Hari che segue e cercavo di soffocare le mie risate. Temo di non esserci riuscito, ed ora mi aspettano per segnarmi indelebilmente il viso…
Alf76

Emergenza rifiuti. Non mi riferisco ovviamente a quanto accade ora in Campania…
…più modestamente vorrei raccontarvi la mia odissea di cittadina laica ligia al dovere…

Nel cuore della notte vengo svegliata da un fracasso infernale.
Era già capitato, sempre di martedì, per cui stavolta decido di alzare le tapparelle e vedere cosa cavolo succede.
E cosa scorgo? Un camion della monnezza, che alle 2 di notte viene a tirar su i sacchi neri.
Ma porco il porco, penso, perché non la raccolgono di mattina come negli altri quartieri?
Che poi anche “mattina” da noi è una parola grossa, in quanto passano ad un orario variabile fra le 7 e mezza e le 11… e spesso ci tocca fare il dribbling fra i sacchi sul marciapiede, le auto sul marciapiede, le auto in doppia fila e il camion dei muratori in sosta vietata ma che stan facendo la ristrutturazione per cui zitti e mosca.

Mi sveglio, apro il frigo, dall’interno mi saluta Buzzati: “Ciao cara, visto il deserto, i Tartari ora li aspetto qui da te…”
Colpita dal fatto, decido di recarmi alla C*** (“perché l’Esselunga è di destra e …” cito liberamente Gaber) per comprare qualcosa.
Nel frattempo, raccatto gli abiti usati per porli diligentemente nel contenitore che poi li smisterà a chi ne ha necessità.
Nel parcheggio dell’ipermercato vengo allegramente apostrofata da un venditore ambulante che, senza offrirmi servigi di alcun tipo, cerca di ottenere proditoriamente dei soldi, e io, in preda a dissonanza cognitiva (non sono razzista ma in questo momento sono un attimino inca**ata) mi reco a fare la spesa.
Prima, però, vado al banco delle informazioni e chiedo se è attiva l’opzione e-commerce “No, sa, l’abbiamo tolta perché non funzionava…” Io, sempre gentile, domando “Allora è possibile farsi consegnare la spesa a casa?” “No, signorina, il servizio è disponibile solo per anziani e disabili…” “Pagando, intendo…” “No, signorina…”
Al che, come fai a provare che vai dal fisioterapista ogni mese, che stai al secondo senza ascensore e che proprio i pesi non li puoi portare?
Esibisci una lastra, un’esenzione, una raccomandazione dell’assessore?
No, esibisci un finto sorriso ed inizi la spesa, terminata la quale…
… o cacchio, ma dove sono i sacchetti di plastica?
“No signorina, per direttiva della UE si possono usare solo quelli in mater-bi, mi spiace”
Mi sembra un’ottima idea, ecologica, estremamente utile, tanto più che a Milano l’organico non viene raccolto per cui con sti sacchetti non ci fai una cippa di min***a.
Prendo 7 sacchetti di mater-bi, che mi sogghignano maligni e stipo le bottiglie di vino nel sacchetto robusto dei surgelati, che ovviamente prendono un’espressione triste e, per ripicca, cominciano a riscaldarsi, incitandosi a vicenda.

Il tempo di uscire dall’ipermercato, e… rrriiippp… il primo sacchetto si squarta…
… mi gioco almeno due reincarnazioni cercando di stipare la spesa nell’auto, poi mi ricordo dei sacchi di abiti per i cosiddetti bisognosi.
Allora allungo la strada apposta per arrivare al contenitore apposito, ma … o cielo, c’è il mercato! Noooo…. Cerco di dribblare vecchiette, donne velate e ambulanti, parcheggio con regolamentari 4 frecce e… sulla corsia opposta, un diversamente conducente effettua un sorpasso nonostante la riga continua e quasi mi trancia la tibia sinistra mentre cerco di scendere dalla vettura.
Arrivo al contenitore, che è appena stato messo a soqquadro da una simpatica squadra di pittoreschi personaggi, i quali, per prendere ciò che gli serviva, hanno buttato tutti gli abiti fuori scardinando il sotto del contenitore, e sicuramente saran bisognosi ma pure un po’ maleducati, e deposito ligia i miei sacchetti ben chiusi nell’apposito cesto girevole, che ovviamente si incastra visto il trattamento appena ricevuto.
Cerco di risalire in macchina e guadagnare velocemente il mio appartamento.
Arranco su per le scale, sperando che un altro maledetto sacchetto non si rompa, e tirando madonne miste riesco ad entrare in casa.

Qui tiro un sospiro di sollievo.
Afferro i surgelati, che mi guardano in tralice come per dirmi “Appena in tempo…” e decido di mangiare, per poi scrivere questo pezzo.
Nel momento in cui lo sto terminando, è notte, e c’è un frastuono assurdo perché il cantiere qua dietro ha i permessi (sostiene l’ingegnere) per lavorare anche passato l’orario.
Tanto se chiamo il competente ufficio – come ho già fatto in passato – mi rispondono che è così, bisogna rilanciare l’economia.
E quello che penso è: ne vale davvero la pena di mettere una goccia nel mare, se il resto del mare se ne fotte?