Sono essenzialmente due i protagonisti del nuovo romanzo di Giorgio Faletti, da settimane stabilmente nella classifica dei libri più venduti. E se il primo è evidentemente Bravo, io narrante della vicenda e curioso personaggio su cui varrà la pena soffermarsi fra poco, si erge a decisa co-protagonista la città di Milano, immortalata nella fine degli anni ’70, quando ancora non si era affermata come la “Milano da bere” ma era sfondo di segreti noir, intrecci fra politica e malavita, teatro di notti trascinate da un cabaret di anime perse ma distanti anni luce dai bunga bunga dell’immediata provincia odierna.
In questa ambientazione così lontana dalla luminossima Montecarlo, sfondo del celebrato Io uccido, Faletti finisce per disegnare un plot piuttosto convincente, che ci riconcilia un po’ con l’hard boiled all’italiana e ci rassicura sulla ritrovata vena dell’autore: dopo un paio di romanzi francamente difficili da digerire, che avevano finito per deludere chi aveva apprezzato la sua opera prima, un ritorno ad una trama in cui successione degli eventi e colpi di scena tornano ad essere credibili, e a catturare il lettore nella rete sottile del “Come andrà a finire?”.
Merito, senza dubbio, anche della caratterizzazione di Bravo, personaggio che ti costringe a farti qualche domanda: è possibile trovare simpaticamente umano uno che campa sulla vendita di corpi altrui? E’ giusto appassionarsi alle vicende di questo delinquente un po’ filosofo, e patire del dolore che patisce? Il trucco stilistico della sua mutilazione, reso evidente fin dalla primissima riga del romanzo, acuisce un senso di desiderio che non si può soddisfare, e che accompagnerà fino all’ultima sillaba.
Scorrevolissimo, con l’intermezzo di acuti giochi enigmistici – eh, la mano di Bartezzaghi! – e di una galleria di personaggi al margine della legalità ma comunque divertenti, “Appunti di un venditore di donne” non si risparmia qualche riflessione sulla storia italiana, senza appesantire le sue pagine ma contribuendo a rendere ancora più verosimile il tutto.
In estrema sintesi: se siete alla ricerca di un romanzo che vi trattenga incollati con l’Attack alle sue pagine, che lasci scorrere l’orologio senza che ve ne accorgiate, e che vi renda dimentichi di ciò che accade intorno a voi, beh, l’ultimo Faletti fa davvero per voi.
La citazione:
“È una partenza senza ritorno e mi sorprendo privo di nostalgia. Solo una domanda mi viene spontanea: tutto qui? Non c’è altro? Sono queste le meraviglie che ci hanno promesso, questa la bellezza del mondo, questa la vita degna di essere vissuta? Faccio fatica a trovare un senso alle cose, uno qualunque, passando davanti al luogo anonimo dove vivo per andare in un altro luogo sconosciuto a prendermi una pallottola in testa. “
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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