(Questa recensione è dedicata a Walter.
Si può dedicare una recensione? Sì, se il motivo per cui si è letto un libro visto mille volte sugli scaffali e mai affrontato è un consiglio dato da una persona di cui – da un punto di vista letterario, e non calcistico o politico : - ) – mi fido un bel po’)

Gli eredi degli scrittori, si sa, generalmente si distinguono per l’assoluta idiozia delle scelte: dalla pubblicazione di ricordi dell’illustre scomparso (generalmente illeggibili) alla stampa di qualsiasi cosa il compianto abbia lasciato di scritto ed inedito, fosse pure la lista di medicinali da dare al gatto.

A volte però, con una frequenza paragonabile a quella del passaggio della cometa di Halley, gli eredi ci azzeccano: Bolano non aveva immaginato di riunire le cinque parti che compongono 2666 in un unico tomo, immaginandole come entità separate. Beh, i cinque Romanzi – perchè di questo si tratta, di cinque Romanzi, e la erre maiuscola non è un errore di stampa ripetuto – sono accomunati soltanto da ambientazione messicana e periodo storico (la fine degli anni 90), ma stanno insieme di un bene che è difficile descrivere a parole se non si ha avuto la fortuna di posarci sopra le pupille. E’ la stessa sensazione che hai quando apri una scatola di un puzzle e,  dopo qualche momento di puro e comprensibile scoraggiamento, cominci a azzeccare qualche combinazione: si incastrano perfettamente, con una precisione che ti appare immediatamente miracolosa.

Nella ricostruzione dell’immagine, va detto, sei aiutato da quella sorta di legenda che è la scatola stessa del puzzle: con una occhiata al pezzo che hai in mano ed una indirizzata al disegno o alla foto da comporre, puoi provare a orientarti un po’. Bolano non offre una guida, ma ti regala l’impressione di aver cesellato perfettamente ogni segmento: uno scrittore di cui si è persa ogni traccia, quattro studiosi-appassionati-lettori che lo cercano su e giù per il globo, un artista che soggiorna in un manicomio svizzero dopo essersi segato via una mano, donne belle tostissime  e intelligenti, un giornalista che si trova impelagato in una catena di omicidi in Messico. Sembra una convivenza difficile, quasi impossibile, eppure tutto funziona perfettamente, e ti trovi catapultato in ognuna delle 963 pagine che compongono questa meravigliosa avventura letteraria.

2666 è un viaggio in una terra inesplorata, con una guida che finge di saperne qualcosa e ha la tua stessa espressione stupita negli occhi.

2666 è una preziosa opera artigianale, finemente lavorata sillaba dopo sillaba con un coltellino dal manico d’osso e gesti pazienti, mentre attorno si affermano catene di montaggio e costruzioni dozzinali.

2666 è un racconto che non si spegne quando la voce smette di narrare, ma prosegue come un brano musicale che fischietterai sotto la doccia, maledicendo il fatto di essere stonato come una campana: fai una gran fatica a scrivere dopo averlo letto, è bene che si sappia.

In definitiva, 2666 è il regalo di Natale che puoi concederti se ami la letteratura: ti accompagnerà in nottate insonni di cui non rimpiangerai nulla, davvero.

Le citazioni:
“perché né lui né Pelletier credevano alle proprie orecchie. Non credere, tuttavia, pensò Espinoza, è un modo di esagerare. Uno vede qualcosa di bello e non crede ai suoi occhi. Ti raccontano qualcosa su… la bellezza naturale dell’Islanda… gente che fa il bagno in acque termali, fra i geyser, in realtà l’hai già visto in fotografia, ma dici lo stesso che non ci puoi credere… anche se evidentemente ci credi… Esagerare è una maniera di meravigliarsi con cortesia… Dai la possibilità al tuo interlocutore di dire: ma è vero… E allora dici: è incredibile. Prima non ci puoi credere e poi ti sembra incredibile.”

“Morini rilesse la lettera tre volte. Scoraggiato pensò che la Norton era in errore quando affermava che il suo amore e il suo ex marito e tutto quello che aveva vissuto con lui restavano ormai alle sue spalle. Niente resta alle spalle.”