L’altra sera mi sorprendevo a canticchiare “… o buhaiola – tu mi tradisci – tu dici: vengo! Invece tu pisci …” e, continuando l’amena strofetta che qualcuno di voi ricorderà da “Amici miei”, mi è venuto alla memoria questo legume così trascurato nella cucina metropolitana: la fava.
Costei, insieme al farro, era una delle basi della cucina italica, e tale è rimasta nel centro/centro-sud finchè i surgelati non ci hanno appiattiti su identiche prospettive dall’Alpi alle Piramidi eccetera.
Quindi oggi facciamo un gustoso quanto semplice esperimento di recupero ricetta contadina ammodernata secondo il palato cittadino.
PASTA CON LE FAVE
Occorre prendere una confezione di fave surgelate – o, quand’è stagione, fresche – e porle ancora ghiacciate in una padella nella quale avrete messo mezzo porro tagliato a rondelle fini, due giri di olio, una presa di sale, mezzo dado e due bicchieri d’acqua (il sugo è per due volte).
Lasciate stufare incoperchiato (ma controllando che non asciughi troppo) a fuoco lento almeno mezz’ora, poi valutate la consistenza del legume: quando schiacciando con la forchetta si disfa facilmente, è il momento di procedere.
Riducete le verdure in purea grossolana con la forchetta di cui sopra, portate a bollore l’acqua, salatela e tuffateci la pasta fresca (fusilli, scialatielli o cavatieddhi).
Quando è cotta al dente, scolatela e lasciatela nel solito colapasta ad attendere dopo averla girata con un poco di olio.
Nella pentola ora vuota mettete olio e poca pancetta affumicata a dadini: fate sfrigolare un minuto, poi aggiungete la pasta, un poco di latte e metà sugo – che sarà un po’ liquido – e mescolate con decisione facendo asciugare e aggiungendo sul finale una manciata di pecorino robusto grattugiato a fori grossi.
Pepe nero e Chianti sono la morte sua.
Ps: la fava è un legume che deve restare bagnato, quindi non lesinate acqua e olio
Mata Hari danza in cucina, piroetta con maestria fra ingredienti esotici o contadini, si produce in un doppio avvitamento verso la cantina, per scegliere la bottiglia più adatta alla pietanza consigliata. Scordatevi i virtuosismi alla Carla Fracci e concentratevi sui sapori: tra un pizzico di sale ed uno di ilarità, ne resterete sedotti ed ammaliati.
# 1
Grande Alfonso, non solo critico letterario e cinematografico, ora anche mentore dei gastrocolti. Consentimi due personalissime osservazioni( riferite però alla fava fresca..e tenera )Partire subito con la pancetta, anzi con il guanciale e non con l’affumicata. Farla soffriggere con il porro , non ridurre le fave a purea, ma tenerle molto tenere;Saltarci una pasta corta- io opto sempre per il rigatone- con due cucchiai di acqua di cottura e spolverare con pecorino toscano secco ( preferibilmente di Pienza o di Manciano )Che il Chianti sia giovane e fresco anche lui e poco barriccato !!!
Di walter (inviato il 14/12/2010 @ 13:26:10)
# 2
Grazie per i consigli! Giro i complimenti a Mata Hari, autrice della rubrica da oggi ribattezzata “Salva l’intellettuale a tavola!” :)
Di Alf (inviato il 14/12/2010 @ 13:30:58)
# 3
Grazie dei complimenti, Walter: la ricetta è fatta in questo modo per evitare sbattimenti, che è l’obiettivo della rubrica (il guanciale non si trova ovunque e inoltre bisogna tagliarlo da sé a dadini, idem per il pecorino di Pienza etc.) – inoltre ho messo l’affumicato perché il sapore sennò è debole per i nostri gusti avvezzi ad altri piatti.Alla prox :)
Di M.H. (inviato il 14/12/2010 @ 15:09:00)