Per puro caso, nella stessa settimana ho ascoltato per la prima volta il tanto atteso “Chinese Democracy” di Axl Rose – che ancora porta il marchio dei Guns ‘n’ Roses – e l’ultimo lavoro di Slash; il confronto dunque nasce spontaneo, non solo per il legame tra i due musicisti ma anche per una questione di ascolto parallelo. E di certo per me il vincitore assoluto è il buon vecchio Slash, che a fronte di un album un po’ troppo asettico e costruito da parte dei “Guns” ci regala una raccolta fresca, varia, spontanea e arricchita da collaborazioni illustri, sin dall’ottima partenza con “Ghost”.
La varietà di compagni di avventura che hanno composto l’album con lui dimostra da una parte la grande versatilità di Slash – che passa dal blues alle ballads a ritmiche quasi metal – e dall’altra delineano l’unico parziale punto debole dell’album: la mancanza di unità e di una coerenza globale del disco, caratteristiche direi inevitabili che non diminuiscono minimamente la fruibilità delle singole canzoni.
Tra gli ospiti ci sono Rocco de Luca (di cui vi ho già parlato), Kid Rock, Lemmy (il sempre grande leader dei Motorhead), Ozzy Osbourne (eh, ce la fa ancora, anche se non so per quanto…), l’eccellente Miles Kennedy (co-leader degli Alterbridge che ha accompagnato Slash dal vivo nel suo tour) la sorprendentemente rock Fergie dei Black Eyed Peas e M. Shadow degli Avenged Sevenfold, protagonista del pezzo quasi metal di cui sopra.
La traccia che mi è piaciuta di meno è decisamente quella – un po’ stopposa – con Adam Levine. La menzione d’onore va invece al grande Dave Grohl (Foo Fighters) + Duff McC (un altro ex GnR), che nell’unico pezzo strumentale del disco – che “sinestesicamente” si chiama “Watch This” – si lanciano in una trascinante ed irresistibile cavalcata. Il pezzo che mi ha spinto a prendere il disco invece è la bella e ledzeppeliniana “By the Sword” con A.Stockwale dei Wolfmother, di cui ora vi beccate il link al video
In definitiva un gran bel disco, una grande conferma per Slash, uno dei chitarristi più famosi del mondo. Ed un motivo c’è di sicuro.
Non deve essere facile destreggiarsi fra plettro e tastiera, fra una chitarra ed una recensione. Loris ci riesce perfettamente, e – quando non è impegnato a suonare con La Stazione Dei Pensieri – ci regala playlist musicali ed impressioni dal mondo delle sette note, con qualche felice deviazione godereccia.