Mentre correvo in ufficio a recuperare le chiavi di casa (è una storia lunga), ripensavo alla visione di Bright Star e mi domandavo perchè non mi fosse dispiaciuto: forse per quella luce ambiente che mi aveva catturato? Od il semplice narrare di un autore con un aggancio davvero molto diretto fra poesia e narrativa visiva?

Più semplicemente, e me lo ricorda V. nella sua incantevole recensione, sono un inguaribile romantico :) 
Alf

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I presupposti: attori seppur giovani con un passato di teatro e di altre pellicole in costume (Ben Whishaw vanta un ruolo ne “Il mercante di Venezia” al fianco di Al Pacino e Abbie Cornish in “Elisabeth the Golden Age”), lettere e poesie da cui attingere presenti in quantità e location adatta a portata di mano, regista estremamente irritante, ma un giorno scoprirò il perché e diventerò infine obiettiva. Per ora, quindi, dovete accontentarvi di questo.

La realizzazione: Jane Campion ci ha fatto vivere per due ore in un mondo che non c’è più (e per fortuna!) fatto di formalismi, etichetta esasperante, matrimoni quasi sempre per convenienza, repressione costante e completa di emozioni e sentimenti, il cui emergere – ovviamente – può solo dar luogo a scandali e situazioni senza uscita se non con la dipartita dal mondo terreno. Lo scorcio di realtà vittoriana mostrata in questa pellicola è quella delle campagne londinesi dei primi dell’800, nelle quali passeggiavano l’emblema dei poeti romantici, John Keats, e la sua amata di benestante famiglia, musa degli ultimi anni di vita, Fanny Brawne. In una perfetta cornice ricca di dettagli, supportata da una fotografia appropriata nella sua delicatezza, prende forma ed esplode in tutta la sua drammaticità la passione tra i due giovani che, seppure romanzata, coinvolge lo spettatore al punto da condividere il dolore della povera Fanny quando apprende la notizia della morte di John. Film incentrato infatti sugli ultimi anni di vita del poeta durante i quali se da un lato si innamorò perdutamente dell’irraggiungibile Fanny dall’altro sviluppò la malattia che lo fece morire a soli 25 anni.

 

Se solo il paragrafo sopra corrispondesse al vero oltre la sinossi… vi piacerebbe, eh? Allora fermatevi qui, perché le prossime righe saranno ben poco benevole..

La regista e sceneggiatrice ha ri-provato a creare un’epoca andata scimmiottando la regia di James Ivory in “Casa Howard” (?) e l’Emma Thompson sceneggiatrice impeccabile di “Ragione e Sentimento” senza averne il medesimo genio; e, sperando che cavalcare l’onda emozionale di “Lezioni di Piano” fosse sufficiente, ha proposto l’ennesima pellicola formalmente ineccepibile, ma – come mi disse una volta un amico – dallo spessore di un foglio A4! Storia lenta, senza un minimo di pathos, noiosa sino allo sbadiglio, dalla sbiadita fotografia. Ad essere buoni, direi sia un bel film per la TV.

 

In definitiva: mettiamola così, che il nostro Editore sia un incredibile romantico e sia incuriosito da siffatte pellicole, non è un segreto per nessuno; che John Keats sia il simbolo dei poeti romantici, è confermato da qualsivoglia testo scolastico; che a Jane Campion piacciano le storie con figure femminili forti che si scontrano con società loro ostili, è facilmente verificabile; che la sottoscritta si irriti con i film in costume-ricostruzione di un’epoca andata, è stato più volte ammesso proprio da questa finestra. Allora perché acconsentire ad andare al cinema in tale occasione? Amo l’orrido? Probabile, sicuramente perché adoro il grande schermo, perché spero sempre di venir presa in contropiede e …perché una persona che nel 1819 affermò “C’è molta gente superficiale che prende le cose alla lettera. Ma la vita di un uomo che abbia in sé qualche valore è una continua Allegoria. Solo pochi occhi possono capire il mistero della sua vita. (…) Shakespeare ha vissuto una vita di Allegoria. Le sue opere ne sono il commento.”, ha tutta la mia stima!

Vissia Menza