Nella mia personalissima maniera di battezzare i libri, questo è decisamente un romanzo “fortunato”. E non mi riferisco al successo raggiunto in patria all’estero, ma proprio alla modalità con cui ho finito per venirne in possesso, leggerlo, piazzarlo in libreria.
E’ successo qualche settimana fa, quando mi ero incaponito in una disperata ricerca de “Il corruttore” di Ugo Barbàra, conclusasi fruttuosamente alla Mondadori di Piazza Duomo. Non sono un profondo conoscitore del catalogo Piemme, ma quando ho visto campeggiare sull’ultimo Barbàra il bollino “3×2” mi è venuta la brillante idea di dedicarmici attentamente. Il secondo è venuto facile – un regalo per il fratellone – immediatamente dopo è sorta l’angoscia per la scelta del titolo in omaggio: in questi casi, la decisione è sempre ardua, perchè rischi di trascinarti a casa una capperata spinto solo dalla gratuità. Un po’ come quando ti regalano un buono sconto per la libreria, e lo utilizzi per quello che non ti convinceva del tutto, e poi lo leggi, e poi capisci perchè non ti convinceva del tutto.
Insomma, alla fine ho scelto “Il pettirosso” – con qualche remora, in questo periodo i scrittori nordici nascondono insidie. A lettura conclusa, non posso che esserne felice.
Due storie parallele, molto distanti nel tempo, che si incrociano con perizia: dalla Norvegia del 1940 – raccontata dai drammi di cinque soldati che combattono insieme ai tedeschi nella melma di Leningrado – a quella odierna, macchiata da delitti seriali che prevedono l’intervento dell’Antiterrorismo e del detective Hole, protagonista del romanzo. Un investigatore di quelli che non dispiacciono a me, molto lupo solitario e decisamente problematico, bottiglia facile e grilletto altrettanto. Un autodistruttivo professionista – nella carriera come nella vita – di quelli che si guardano indietro e si domandano come hanno fatto ad inciampare così, salvo rimettere il piedi nello stesso identico buco e finire di nuovo distesi per terra.
Uno che appare un po’ stanco di essere com’è, ma senza la forza o la voglia di cambiare veramente. Debole e forte nello stesso momento. Umano più che letterario.
Contribuisce alla mia intenzione di incrociare nuovamente i romanzi di Jo Nesbo la biografia dell’autore: uno che ha iniziato come broker finanziario, è noto in patria come rocker di successo ed ha finito per dedicarsi alla scrittura di thriller non può che suscitare interesse…
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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