Conclusa la visione di 3 BACKYARDS, grande corsa dal Teatro Dal Verme al Piccolo per il secondo lungometraggio della giornata: ARMADILLO.
Ancora vivo nella memoria è il ricordo di The Hurt Locker vincitore a sorpresa agli Oscar 2010 che con maestria ci mostra, senza alcuna esaltazione della guerra come droga, una descrizione plausibile dell’inserimento dell’uomo nel meccanismo della stessa. L’essere umano dovrebbe prima di tutto cercare di non morire ma, se non annichilisce in tale ricerca (e molto spesso si droga e/o viene drogato davvero per riuscire a non pensare di poter morire), quando si rende conto di riuscire a sopravvivere in quelle condizioni è senz’altro sottoposto a scariche di adrenalina che lo eccitano e lo soddisfano enormemente. Dapprima forma di sopravvivenza ad una realtà che ti annienta in un attimo e senza motivo apparente, poi unico modo di vivere che comporti soddisfazione.
Ora, ricordate il memorabile monologo di Jack Nicholson in Codice d’Onore?
(…) La mia stessa esistenza, sebbene grottesca e incomprensibile ai vostri occhi, salva delle vite! Voi non volete la verità perché è nei vostri desideri più profondi che in società non si nominano, voi mi volete su quel muro, io vi servo in cima a quel muro. Noi usiamo parole come onore, codice, fedeltà. Usiamo queste parole come spina dorsale di una vita spesa per difendere qualcosa. Per voi non sono altro che una barzelletta. Io non ho nè il tempo nè la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco e poi contesta il modo in cui gliela fornisco. (…)
Bene, queste sono le due idee (seppur in forma più leggera) che fanno da colonne portanti di ARMADILLO, il docu-film danese visto ieri con il tacito accordo che, qualora non fosse stato di gradimento, saremmo scappati al vicino parco a goderci le ultime ore di sole. Invece lo scetticismo è scomparso dopo pochi minuti e ci siam lasciati trasportare dalla storia dei sei mesi trascorsi da un gruppo di truppe d’assalto in Afghanistan: le loro giornate tipo, i loro svaghi, la noia, la paura e la follia della vita in prima linea. Talvolta forse tanto “editato” ed edulcorato, ma decisamente efficace, non noioso e soprattutto gran prova di regia tenuto presente che questo è un festival di registi emergenti.
Ora scegliete voi.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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