“Tamara Drewe” è il classico ritorno alle origini, che si vorrebbe assumesse sfumature di rivincita, nella bucolica, sempreverde, incredibilmente rilassante campagna inglese. Luoghi in cui siamo nostro malgrado nati, siamo cresciuti meritando un premio per aver superato incolumi l’adolescenza (al massimo abbiamo tirato qualche uovo sul parabrezza delle auto dei rari avventori facendoli sbandare…) ed a causa della quale ancora oggi ci domandiamo come abbiamo fatto a non drogarci prima di essercela data a gambe levate con la scusa degli studi e/o un lavoro nella ben più stimolante city. Perché, parliamoci chiaro, esistono posti magnifici, nei quali sopravvivono ancora fattorie in cui gli artisti si rifugiano con la vana speranza di trovare la creatività probabilmente mai esistita (ingollandosi di biscuits appena sfornati), in cui le mucche non si rendono conto che pascolare sia un lusso e i cui abitanti dispensano saggezza popolare alla bisogna ricordandoci che troppo spesso dimentichiamo quale sia il vero significato della vita, ma nei quali non vorremmo mai vivere. Però, quando il giorno in cui ci toccherà affrontare il nostro passato arriverà, se inaspettatamente dovessimo scoprire di essere l’oscuro oggetto del desiderio e/o lo scomodo ostacolo dei “rifugiati” che credono di averla fatta franca da lavori opprimenti, delle amanti invadenti, delle adolescenti annoiate e di rockstar sbalestrate, cosa faremmo e come ci sentiremmo?
Non stento a credere che anche i più severi critici di Cannes abbiano riso vedendo questa pellicola definita, per una volta correttamente, black comedy, che ironizza con intelligenza (e vena noir dai risvolti grotteschi) sulle più comuni umane debolezze – dall’adolescenza coi suoi amori impossibili alle crisi di mezza età e le sue voglie di lolite, dal successo come affrancazione dalle proprie fragilità all’eccessivo divismo. Il pregio di questo film è decisamente quello di non scadere mai nel volgare o nella banalità senza essere moralista o bacchettone. Direi un perfetto inizio d’estate.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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