Mettiamoci d’accordo: non è strettamente necessario che – dopo il successo di un romanzo – debbano essere ripubblicati TUTTI i libri dello stesso autore. Ed in particolare se il volume in questione ha trama zoppicante, personaggi appena accennati e ambientazione quasi imbarazzante.
“Il palazzo della mezzanotte” di Carlos Ruiz Zafon ha tutte le caratteristiche del romanzo-uscito-male, e per questo motivo ribattezzato “libro per ragazzi”: non ci siamo, la storia delle letteratura per giovincelli annovera alcune perle che non si possono dimenticare, e l’ultimo Zafon pubblicato da Mondadori non ci si avvicina neppure lontanamente.
La narrazione si apre nella Calcutta nel 1916, con un tenente dell’esercito inglese che mette in salvo due gemelli inseguito – non se ne capisce il motivo – da una sorta di Belzebù. Si salta quindi al 1932, quando il gemello maschio – Ben – ha raggiunto il limite di età e deve lasciare l’orfanotrofio (che l’orfanotrofio di Calcutta appaia come una sorta di paradiso terrestre dice già molto). Ben e i suoi sette amici – costituitisi nella Chowbar Society, sorta di gruppuscolo quasi settario – si riuniscono per l’ultima volta nel Palazzo della Mezzanotte, sede dei loro incontri.
Segue un delirio che sta a metà fra il tentativo di horror una sorta di fantascientifico esoterismo dal risultato francamente agghiacciante: la locomotiva di fuoco lanciata nella notte di Calcutta e rappresentata nella – bella, questa sì – copertina del volume è il simbolo perfetto di un romanzo che cerca di seguire un binario, non lo trova più, si dibatte nella ricerca spasmodica di un capostazione che lo sappia indirizzare e si rassegna, finalmente, ad un motore del tutto ingolfato. Il fischio della locomotiva ridotto ad una sorta di pernacchia.
Zafon dominerà le classifiche, ma soltanto per il nome che riporta in copertina. Per me, francamente deludente.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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