Come sempre, i fastidiosissimi commenti in corsivo sono di Alf76 ;)

Se non ricordo male la saggezza popolare (quella dei nostri nonni per intenderci) si basa sull’osservazione della natura e dei segni che essa ci manda.
Bene, ieri avrei dovuto prestare più attenzione ai segnali incontrovertibili che il mondo mi inviava:
1. ricerca dei biglietti per casa (ne avevo smarriti 2, o meglio erano nel portafoglio, ma … chi se lo ricordava…);
2. durante il controllo dei cinema convenzionati ho inavvertitamente selezionato “il grande sonno” al posto de “il grande sogno” – tra l’altro, ma che film è ??? Nessuno ne sa nulla? Ansiosa di feedback!
3.  E se il cielo è stato nero tutto il giorno, potevo pretendere di tornare a casa asciutta? Giammai!

Quanto hai ragione, certi segnali vanno colti decisamente. Tipo che quando ho comprato “I libri di Luca” – una delle peggiori prove narrative degli ultimi anni, come ho già avuto occasione di raccontare su questo sito – già pronto a pagare sono dovuto tornare indietro perchè il libro era rovinato, e al secondo passaggio la copia non veniva recepita dal lettore della cassa.

Io invece mi sono pure presa una pausa dal Milano Film Festival a favore delle novità appena sbarcate da Venezia e ovviamente mi sono schiantata!

 

Il Grande Sogno. Film italiano, presentato da Placido pochi giorni fa e seguito da polemiche per le dichiarazioni del regista e non per i contenuti. Cosa che dapprima mi aveva stupita, ma da ieri sera tutto mi è chiaro: non c’è film, tutto qui.

Tema (o forse, sfondo?): gli albori della rivolta studentesca del ’68 all’università di Roma.

Mi spiego: non pare un film di rivendicazione (anche perché correttamente molti si domanderebbero che necessità vi sia di fare l’ennesimo film sull’argomento dopo 40 anni) e la storia dell’epoca è troppo “rivisitata” ed edulcorata per esserne il fulcro. Non so, sembra più la storia del (discutibile) svezzamento dei pargoli di una famiglia benestante. Peraltro sorge il dubbio che l’aspirante attore pugliese sia un richiamo autobiografico e (ancor più agghiacciante) che conseguentemente la pellicola sia una sorta di omaggio al primo amore – soprattutto a proiezione terminata, quando si ha la certezza che il tanto (sperato) atto di coraggio non vi sia stato. Infatti, oltre a non proporre alcuna visione politica sulle vicende del’epoca, la pellicola non accenna neppure velatamente ad un dato incontrovertibile: molti dei figli di papà che giocavano a fare i rivoluzionari, sono oggi affermati amministratori delegati di note società.

Insomma i messaggi forti e chiari avvertiti da me e dai miei accompagnatori – parentesi: ero al cinema con l’arco costituzionale al completo e correttamente posizionato – sono stati solo i seguenti:
1. con un budget si produce di tutto e
2. il main sponsor era uno solo, riconoscibile e probabilmente ha pure imposto gran parte del cast.

TA-DA! Sorpresa! Io c’ero! E quale rappresentante di uno dei due rami dell’arco costituzionale – nessuno dei due rappresentato in Parlamento, ad occhio – temo di dover confessare che mi sono sfuggite dalle labbra nell’ordine: un sospiro di malcelata sopportazione al ventiquattresimo minuto di slogan, un semirutto, una risata incontrollata a metà del secondo tempo, mentre – avendo avuto comunicazione nell’intervallo della vicenza “grande sogno / grande sonno” di V.  – componevo variazioni sul tema. Approdato a “Il grande tonno” con una inquadratura di Scamarcio a bocca aperta, mi sono scatenato in una infantile reazione ridarecchia. Mea culpa.

 

Ammetto di essere prevenuta nei confronti del cinema italiano e di certi temi, far leva sul sentimentalismo mi irrita assai, però non in questo caso, nononono: scelta cosciente e piena di buoni propositi! Quindi ora mi ritrovo a pronunciare un sonoro “macchecca**o” e a chiedervi di darmi un perché … ne ho veramente bisogno!

Chiudo io con due notarelle musicali: la prima è una madeleine personale, scatenata dal ricordo della coloratissima e splendida copertina di Andrea Pazienza per l’album “Il grande sogno” di Vecchioni. Gran bell’album, tra l’altro.
La seconda, più attinente al film, è che mi ha un po’ sorpreso e un po’ indisposto che nella colonna sonora di un film sul/del ’68 non fosse presente neanche una strimpellata gucciniana. Macchecca**o, direi.