Capita di passeggiare in libreria e vedere per l’ennesima volta un titolo che si è occhieggiato per un po’. E di non sapersi spiegare perchè sia rimasto lì per un bel po’, tra l’altro.

Poi lo porti a casa, lo leggi – divori – in un fiato, ed il fatto di averlo abbandonato su quegli scaffali ti lascia ancora più perplesso.

Ho trovato questo caso editoriale (ahilui) di qualche anno fa un libro meraviglioso. A metà fra il giallo ed il  romanzo di formazione, con un protagonista straordinario, Christopher, bambino problematico, genio della matematica, che decide quale cibi gustare sulla base del loro colore e capace di infuriarsi ad ogni minimo spostamento del mobilio domestico.

L’assassinio del cane di un vicino è l’inizio di un percorso in cui, alla ricerca della soluzione di un caso, Christopher dovrà confrontarsi con il mondo e con la sua storia, con il difficile rapporto con il padre, con il ricordo della madre morta.

Divertente e umoristico in alcuni brani, tremendamente commuovente in altri, nella scoperta di una storia raccontata dal piccolo, delizioso autistico che ci assomiglia un po’.

La frase:
“Quelli che vanno nella mia scuola sono stupidi. Solo che non mi è permesso dirlo, anche se è vero. Vogliono che dica che hanno delle difficoltà nell’apprendimento o hanno esigenze particolari. Il termine esatto è gruppo H. Questa sì che è una cosa stupida, perché tutti hanno dei problemi nell’apprendimento, perché imparare a parlare francese o capire il principio della Relatività è difficile, ed è altrettanto vero che ognuno ha le sue esigenze particolari, come mio padre che deve portarsi dietro le pillole dolcificanti da mettere dentro il caffè per non ingrassare, oppure la signora Peters che gira sempre con un apparecchio acustico color crema, o Siobban che ha degli occhiali talmente spessi che ti fanno venire il mal di testa se li provi, e nessuna di queste persone viene classificata come gruppo H, anche se hanno delle esigente particolari”