Recensione La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

Ci sono tre cose di cui ho imparato a diffidare negli anni: la difesa della Triestina quando vinciamo uno a zero, Asso Kappa quando gioco a Texas Hold’em e i libri protagonisti di un caso letterario.

In questo caso, sbagliavo. Fortunatamente una persona a cui tengo molto – e di cui mi fido altrettanto – è riuscita a piantare il seme del dubbio nella mia convinzione, ed un paio di pagine lette sulle poltrone nere Feltrinelli hanno fatto il resto.

Mi stupisce un po’ una cosa: su Anobbi, il voto medio del libro è alto, ma una buona parte delle recensioni è negativa. Francamente, ho trovato questo libro tutt’altro che vacuo, ed anche alcune delle critiche sullo spessore dei personaggi mi sono parse eccessivamente ingenerose.

Difficile, è vero, indicare il protagonista principale di queste pagine: Mattia, adolescente chiuso al limite del patologico prima, geniale matematico poi. Alice, giovane in cerca di approvazione dal branco in una prima fase, moglie complessa successivamente. Denis, tormentato dai primi vagiti della sua omosessualità.

O forse, più semplicemente, il vero protagonista del romanzo è il lettore, nel suo continuo ricercare somiglianze e differenze da personaggi così difficili, per accorgersi – lievemente atterrito – che proprio differenze e somiglianze con i giorni veri si equivalgono.

Che sia questo il vero motivo della difficoltà di scriverne positivamente? Paura? Non lo so, ma so che il mondo vero è qui fuori, e ci assomiglia terribilmente.

Una nota solo lievemente stonata per il finale, forse un po’ leggero e probabilmente non risolutivo. Al punto da domandarsi se si tratti di una porta lasciata aperta dall’autore per un eventuale proseguimento. Oppure, e lo ritengo personalmente più probabile, testimonianza di un autore giovane, alla ricerca della sua maturità, e con la difficoltà comprensibile a staccarsi definitivamente da Dennis, Alice, Mattia.

Stessa fatica che ho provato io, una volta superata l’ultima riga.

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