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RIVELAZIONE
di Elisa Tagliapietra

 

Stampò la presentazione che aveva appena finito di scrivere e la mise in una busta. Fece cinque copie cartacee del progetto e lo trasferì in una penna USB. Infilò in un plico le copie, la busta e la chiavetta, sigillò il tutto e partì di corsa. “Non ce la farò mai” pensò Pedro. Non guardò l’orologio, si sarebbe demoralizzato. Prese invece la bici e partì a razzo, ma giunto alla meta trovò solo una porta chiusa. Si attaccò al campanello, picchiò brutalmente: nessun rumore dall’interno. Picchiò ancora, finché i colpi, come le imprecazioni, si affievolirono. Chinò il capo, deluso, sconfitto. Vide una panchina lì vicino, si sedette e sospirò. Fece un altro respiro profondo. E un altro. E questa sorta di iperventilazione fu illuminante. Colse infatti un senso di sollievo. “Sollievo?”domandò a se stesso, incredulo. “Come, sollievo?”. Continuò nei suoi iper-respiri rivelatori, non voleva perdere la traccia del pensiero. Rimase così, immobile sulla panchina. Il tempo scomparve. La vista, l’udito, tutti i sensi furono disconnessi. Non era più Pedro, non più carne e sangue: solo pensiero. Dopo aver realizzato che di partecipare al concorso non gliene importava nulla, che voleva farlo solo perché tutti si aspettavano che lo facesse, Pedro non si fermò, e analizzò metodicamente tutte le scelte della propria vita. Andò a ritroso, all’inizio, considerando soltanto le decisioni importanti, ma poi abbandonò questa sorta di cronologia alla rovescia e lasciò la mente libera di vagare e spiluccare ricordi random. Aveva veramente desiderato iscriversi ad Architettura? No! L’appartamento dove viveva? Si era adattato. Giusy? Neanche Giusy, pensò allucinato. Guardò al futuro. Sabato doveva trovarsi con vecchi amici. Lo voleva veramente? No. E il prossimo anno in Francia? No. Pedro era scioccato.

Venne infine distolto dalle sue riflessioni: gli si era seduto di fianco un tale che gli stava parlando.

    “Cosa ha detto, scusi?”

    “Se può darmi una moneta, signore.”

    “La desideri veramente?” chiese Pedro. “Sei sicuro?”

    “Certo” disse il barbone, sorpreso dall’insolita domanda.

    “Sei un uomo fortunato” disse Pedro nel dargli la moneta mentre il barbone lo guardava stupito e perplesso.

Pedro si alzò e con l’incedere di uno zombi si diresse verso casa, verso il suo appartamento che non aveva mai desiderato.

Proseguendo nel suo stato di trance, la mente di Pedro continuava a vagare, alla ricerca di una scelta vera, motivata da un reale desiderio. Finalmente raggiunse il rifugio, l’unico spazio in cui c’era stato un senso alla sua esistenza, la sola dimensione dove egli visse: la sua infanzia. Trovò lì veri desideri, scelte istintive e  volute, esigenze appagate e non, l’essenza del suo essere, insomma.

    “Ma quand’è che è finito tutto ciò? E perché?” si chiese, “e cosa potrò fare per poter ritornare com’ero?”

La risposta non era certo dietro l’angolo, pensò, ma almeno ora sapeva che la stava cercando.