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RITROVARSI

di Gabriella Ferrero

Leggere è stata sempre la mia attività preferita. Con il passare degli anni, però, la preminenza che io attribuivo a questa attività, assumeva ai miei occhi contorni incerti: non avevo avuto, né mi sentivo di cominciare ad avere, alcun tipo di successo. Dunque ormai nutrivo dubbi, sul fatto che tutto quel leggere mi fosse salutare: mi sentivo insicura, inadeguata alle praticità del mondo. Certo l’universo dei libri mi apriva orizzonti che saziavano la mia sete di conoscenza e, seppure in modo imperfetto, di emozioni; ma ormai pensavo che si trattasse semplicemente di una fuga con i fiocchi dalla realtà; e che i due piani, del sentirsi realizzati leggendo, e del trovarsi a proprio agio nella vita vera, fossero destinati a non incontrarsi mai.

Per questo motivo, nato dunque da un tentativo di auto-terapia, tramite abbandono fisico, da parte mia, degli amati libri, avevo deciso di aderire al bookcrossing: li avrei dati via, ad uno ad uno, a degli sconosciuti.

Per molto tempo quest’idea ha sedimentato nella mia mente, e oggi è il giorno in cui passerò all’azione, nella grande stazione ferroviaria dove lavoro. Così dalla mia postazione, mentre sforno tranci di pizza Margherita e ai quattro formaggi, se sono fortunata potrò osservare cosa succederà al romanzo che ho scelto per la missione di andare per il mondo e avere una vita autonoma, lontano da me. Scelta non facile: volevo un libro non banale, ma nemmeno impegnativo. Un minimo attraente come stampa (i caratteri piccoli spaventano i lettori occasionali), ma certo non un fumetto per bambini!

Ho scelto “L’amico ritrovato”. Intanto perché questo titolo è una promessa; poi, in copertina, c’è un volto di un ragazzo sorridente; infine perché di una storia come questa, di ragazzi, di amicizia, di grandissime delusioni e poi di nuova fiducia nelle qualità degli uomini, in giro mi sembra che ci sia enorme bisogno.

Circospetta avvicino un ripiano che intervalla una fila di seggiolini di ferro, da un’altra fila di seggiolini uguali, in quella che una volta sarebbe stata una sala d’aspetto, ma che, da quando Trenitalia ha deciso che non ha più intenzione di fornire sedie comode ai suoi passeggeri, se non nelle sale riservate ai viaggiatori dei treni costosi, appunto non si può più definire una sala d’aspetto. E’ una scomoda area per viaggiatori in attesa, e Dio sa quanti ce ne sono, specie da quando per le stazioni italiane transitano vagonate di disperati, diretti chissà dove.

Su questo piccolo ripiano, infine, depongo il mio libro, quasi furtivamente. C’è confusione in giro, ma in effetti nessuno mi guarda, pare che questa mattina tutti abbiano uno scopo preciso, e in effetti perfino io ce l’ho: alle 7 in punto “pizza-calda” apre, e devo essere pronta dietro il bancone, con le mie teglie e le guance rosse dalla vampata delle teglie. Il lavoro è pressante, da subito, non lo avrei mai creduto, ma la gente comincia a ingurgitare pizza dal mattino prestissimo, e non smette per tutto il giorno.

Sono passate tre ore, sono quasi le 10. Di qui, quando, come ora, riesco ad alzare un momento gli occhi, vedo il ripiano su cui ho appoggiato il libro. Trasecolo. Al ripiano si è avvicinato, con la sua spazzolone a due baffi, e il carrello getta-rifiuti, un addetto alle pulizie. Ha adocchiato il libro, verificato all’intorno che non è di nessuno, e rapido lo ha gettato nel sacco giallo della carta. Fine dell’avventura, terribile trauma per me.

Quando, a fine turno, salgo sul treno locale che mi riporta al paese, mi accascio sul sedile davvero sconsolata, perché un epilogo peggiore non lo potevo proprio immaginare.

E’ solo per caso che, alzando gli occhi oltre il vetro appannato e sporco del finestrino, un attimo prima che il treno parta, vedo, sul locale fermo al binario di fianco al mio, un viso noto: l’addetto alle pulizie di stamattina. Sta leggendo, e sulla copertina del libro che ha tra le mani, campeggia il sorriso che conosco, quello del mio libro, quello de  “L’amico ritrovato” .