Recensione di Damsel, il film diretto dai fratelli Zellner con Robert Pattinson e Mia Wasikowska in anteprima alla Berlinale 2018.

Mia Wasikowska e Robert Pattinson nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Mia Wasikowska e Robert Pattinson nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Damsel è ambientato nel vecchio West. In un certo senso è un western, ma se non ti piacciono i western probabilmente lo amerai ancor di più. Ho sentito così tante volte questa frase nelle ultime dodici ore da aver ceduto alla tentazione. Perché trovo Mezzogiorno di Fuoco impareggiabile al contrario dei moderni western che, a meno di essere popolati da zombie o loschissime figure, non sono la mia passione. Tuttavia siamo a Berlino, una piazza che eccelle per i suoi selezionatori e se un film concorre all’Orso d’Oro merita una chance. Il risultato è che ho sofferto per due interminabili ore.

Comunque, niente paura, i fratelli Zellner ci catapultano veramente nell’Old Wilde West. Nel loro lungometraggio ci sono gli indiani e gli zotici, dagli alberi penzolano brutti ceffi sulla via dell’impiccagione e i saloon sono ricolmi di uomini così lerci da necessitare un bell’ammollo nel Napisan, ma in Damsel manca tutto il resto. La tensione, l’avventura, l’empatia e la furia sono completamente assenti e ad ogni cambio di atto, il ritmo crolla vertiginosamente sino al sopraggiungere dell’epilogo quando ormai siamo agonizzanti.

Robert Pattinson e David Zellner nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Robert Pattinson e David Zellner nel film Damsel © Strophic Productions Limited

La trama è semplice e singolare. Parte in modo divertente, intrigante, motivo per cui i successivi capitomboli sono così dolorosi e inaspettati da essere avvertiti come una freccia avvelenata. Samuel (Robert Pattinson) è un ragazzo per bene, pulito e stirato. È alla ricerca del prete assoldato a mezzo telegramma che lo deve accompagnare in una missione delicatissima: salvare e sposare l’amata Penelope. La giovane è sui monti, oltre i territori indiani, nelle mani di un bruto. Le cose però si complicano una volta arrivati a destinazione.

Le pallottole volano e la stupidità fa da padrona mentre Penelope (Mia Wasikowska) imbraccia il fucile e conquista la scena. A questo punto accade l’irreparabile. Le risate si fanno sempre più rare e fuori luogo e tutto si trascina, anzi ogni momento ilare si paga a caro prezzo, con almeno un quarto d’ora di pena. Percepiamo i minuti come eterni. Siamo in attesa del Messia, ma questo si guarda bene dal palesarsi. E noi rimaniamo in balia di un manipolo d’imbecilli che si passano il testimone mentre vagano senza apparente meta nel Vecchio West. Che strazio!

Mia Wasikowska nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Mia Wasikowska nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Prevedere che il nuovo lavoro dei fratelli David e Nathan Zellner fosse un simile disastro era impossibile. Nel 2014 avevano presentato proprio qui quel gioiellino di Kumiko, The Treasure Hunter, il mio l’hype era quindi alle stelle e non credo di essere stata la sola dato il numero di repliche comparse in cartellone durante il weekend. Presentato come una commedia western che si inchina al passato, con un accentuato tocco femminile (il secondo tempo è totalmente nelle mani di Mia Wasikowska), a posteriori l’unico ricordo cha abbiamo di Damsel è quello dell’(in)sofferenza provata in sala.

Ora ci sorge il dubbio che buona parte della comicità fosse involontaria; che qualcuno abbia creduto potesse fare del bene alla pellicola una sceneggiatura ingarbugliata ai limiti del nonsenso; o che il buon Pattinson (il quale, pur di lavarsi definitivamente di dosso l’aura vampiresca, si getta in qualsiasi progetto indie che gli plana in buca lettere) fosse in grado di fare miracoli. Non è stato così. Damsel ad oggi è il film più sgangherato e mal riuscito visto a questa Berlinale.

Vissia Menza

Robert Pattinson nel film Damsel © Strophic Productions Limited

Robert Pattinson nel film Damsel © Strophic Productions Limited