Recensione di Ogni tuo respiro (Breathe) il film che segna l’esordio alla regia di Andy Serkis, al cinema dal 16 novembre 2017.
Kenya, fine anni ‘50. Robin Cavendish è un giovanotto colto e di belle speranze, con tutta la vita davanti e mille progetti da realizzare, uno dei quali lo ha portato in questo angolo di Africa a fare da intermediario di the. Innamoratosi a prima vista della bellissima Diana (Claire Foy), non ci pensa due volte e, mosso dal suo carattere spavaldo ed intraprendente, le chiede di uscire, nonostante la lunga fila di pretendenti. Quella che nascerà sarà, con sorpresa di molti, una splendida storia d’amore che legherà i due per sempre.
Il quadro però non resterà idilliaco a lungo perché, proprio nel continente africano, a Robin viene diagnosticata la polio, malattia che non dà scampo e che lo costringe da subito all’immobilità in un letto d’ospedale, con la prospettiva di vivere ancora pochi mesi. Quella che, più che una diagnosi, sembra essere una vera e propria sentenza di morte, si trasformerà nella chiave di volta per entrambi. Percorreranno strade mai battute prima e il protagonista diverrà un’icona nella lotta dei disabili gravi per una vita migliore.
Con l’amore della moglie, Robin riuscirà infatti ad uscire dall’ospedale. Grazie alla vicinanza, e ad un po’ di sana follia, degli amici più cari, Cavendish, (Andrew Garfield) inizierà, con molta inventiva ed altrettanto coraggio, ad utilizzare strumenti che lo aiuteranno ad avere una vita piena e, soprattutto, in mobilità. Il tutto partirà da una sedia speciale, progettata dall’amico Teddy Hall, professore ad Oxford (Hugh Bonneville), che gli permetterà spostamenti sino ad allora impensabili per i malati nella sua situazione. Si arriverà a riadattare furgoncini e aerei per il trasporto di cavalli per girare il mondo quale testimonial. Diventerà la voce fuori dal coro, la dimostrazione che anche una persona con la polio, fino a quel momento costretta in un polmone d’acciaio, potesse avere un’esistenza completa.
Fino all’ultimo respiro (Breathe) è una storia vera e segna il debutto alla regia di Andy Serkis che, con la sceneggiatura scritta da William Nicholson (Il Gladiatore, I Miserabili), si muove in modo egregio stando lontano dalla facile retorica e dal rischioso “polpettone epico e strappalacrime”, che ci verrebbe in mente ad una prima lettura. Gli avvenimenti sono infatti raccontati con un tono realistico ma scanzonato. Vengono smussati tutti gli angoli in modo da non sconfinare mai nel melodrammatico oppure, al contrario, nella favola a lieto fine con troppa leggerezza. Gli eventi seguono un ordine cronologico pulito e dettagliato, scelta che aiuta a definire il tono del viaggio e ad immedesimarci senza distrazioni dovute a scelte narrative (si pensi ai flashback, spesso utilizzati proprio in questo tipo di film).
Gli attori non escono mai dalle righe e regalano un’interpretazione, anche corale, misurata e convincente. Le ambientazioni, i costumi, l’atmosfera, le battute ed il ritmo sono tutti elementi che, amalgamati in modo bilanciato, rendono quest’opera un bel diario da gustare senza il rischio di doversi ricredere durante la visione.
Sicuramente, un punto a favore della buona riuscita della pellicola è rappresentato dal fatto di essere prodotta proprio dal figlio della coppia, ovvero Jonathan Cavendish, convinto da sempre che la vita dei genitori fosse meritevole di essere raccontata. L’amore per i suoi e per le loro avventure, e la passione per il progetto subito dimostrata dallo sceneggiatore e dal regista, hanno fatto sì che questa storia prendesse forma ancor prima di avere la certezza di una realizzazione cinematografica. I contributi personali, oltre che professionali, dati da ogni soggetto coinvolto, sono stati l’arma vincente di un lungometraggio che arriva nei cinema come una ventata di aria fresca. È leggero e positivo, non lascerà indifferenti e, soprattutto, racconta quanto le difficoltà possano trasformarsi in opportunità e cambiare, in modo imprevedibile e in meglio, l’esistenza di ognuno di noi.
Anna Falciasecca
ndr Ogni tuo respiro (Breathe) è stato presentato in anteprima a Toronto 2017
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.