Recensione di Leatherface, il film horror di Alexandre Bustillo e Julien Maury al cinema dal 14 settembre 2017.
La vita sa essere tragicamente ironica. E il cinema, che da essa trae spunto, non può inevitabilmente esserlo di meno.
E’ forse per questo che dopo anni di film mediocri o al limite della tolleranza, a soli venti giorni dalla morte del suo indimenticabile creatore, la serie di Non Aprite Quella Porta risorge oltre ogni aspettativa con il Leatherface firmato Alexandre Bustillo e Julien Maury, exploit imperdibile di un periodo provvido di sangue e incubi (sono infatti imminenti l’ottimo The Void e l’attesissimo IT).
Il duo francese consacrato dall’essenziale À l’intérieur (2007), pesce grosso della new wave dell’horror francofono di inizio secolo, regala alla memoria di Tobe Hooper e alla goduria di noi adepti il film selvaggio ed eccessivo che sognava ogni amante della “saga della sega”.
La prima sorpresa è che Leatherface si emancipa per lunghi tratti dal canovaccio tipico dell’horror, contaminando il genere con elementi della tradizione gangster-pulp, del road movie e del dramma vendicativo; infatti, se la prima brutale sequenza piomba dritta fra le mura di casa Sawyer, covo della perversa famiglia cannibale texana, il plot si stacca ben presto dal cordone ombelicale della serie per focalizzarsi con originalità sull’adolescenza di colui che diventerà il famigerato “Faccia Di Cuoio”, la sua detenzione in un tremendo ospedale psichiatrico contro ogni diritto umano, la sua successiva e rocambolesca fuga insieme ad un ostaggio ed altri psicotici pazienti.
Inseguiti dal sadico ranger Hartman (Stephen Dorff), poliziotto da sempre in guerra coi Sawyer, i fuggiaschi lasciano dietro di sé una generosissima scia di sangue, avvicinando progressivamente il futuro Leatherface alla sua famiglia e al suo noto destino di folle assassino mascherato.
Nel “Leatherface Begins” di Bustillo & Maury niente è come sembra: dall’identità del mostro, sapientemente mimetizzata dall’ottimo copione di Seth Sherwood (esordio bomba nel genere, dopo le sceneggiature di Black Mass e Attacco Al Potere 2), ai nessi con le dinamiche e i tòpoi di Non Aprite Quella Porta, i registi si e ci divertono mescolando le carte e giocando con le loro pedine.
Uomini e donne, dottori e pazienti, sbirri e criminali accomunati da un animo repellente, corrotto e spietato, in un mondo dove l’innocenza non c’è, e se c’è ti conviene mettertela alle spalle in fretta se vuoi portare a casa la pelle.
Un pantheon di malevoli dèi che cullano la crescita dell’icona horror per eccellenza, cattivo nel midollo ma, sostanzialmente, “burattino” semplicione di chi lo ha coltivato.
L’esito del processo, che coniugherà a vita Faccia Di Cuoio alla sua motosega, è preceduto da un allucinante crescendo di malattia e violenza, mai banale, che consegna alla storia recente del genere alcuni momenti ferocissimi: come l’apocalittica rivolta nel manicomio, un banchetto di violenze all-you-can-eat che da sola sarebbe valsa il prezzo del biglietto, e costata al film il VM14.
Leatherface è come aprire un sacchetto pieno di frutta lasciato al sole per settimane: il marcio repellente stordisce, lo schizzinoso si ritrae mentre le mosche (che siamo noi beceri horrorofili) ci si gettano con avidità.
Se non passa giorno in cui Rob Zombie non renda omaggio e tributo al lascito di Hooper, paradossalmente Leatherface sembra rifarsi proprio, in molti momenti, al suo bell’horror on the road La Casa Del Diavolo (2005). Citare chi cita, per chiudere il cerchio.
Cattivi che scappano da altri cattivi, mentre ulteriori cattivi attraversano la loro discesa negli inferi. La descrizione di quest’ultima, gradino dopo gradino, è di un violento lirico, formativo e “deformativo”, che tra una secchiata di sangue e l’altra riesce anche a restituire qualche bizzarra sfaccettatura drammatica.
Bravissimi, una volta tanto, gli attorini e le scream queen; tonanti le crudeltà diametralmente opposte di guardie (Dorff) e ladri (Lili Taylor, L’Evocazione).
Guai a sottovalutare Leatherface, a gettarlo nella stessa gabbia dei suoi immediati predecessori, a trattarlo come un prequel o un horror qualunque: siamo di fronte ad una vera e propria gemma di genere.
Voto: 8/10
Luca Zanovello
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole