Recensione del film Ta Peau si Lisse (A Skin So Soft) di Denis Côté in anteprima a Locarno 2017.

Ta Peau si Lisse (A Skin So Soft) - Ph: courtesy of Locarno Festival

Ta Peau si Lisse (A Skin So Soft) – Ph: courtesy of Locarno Festival

Alexis, Benoit, Cédric, Jean-François, Maxim e Ronald: sei protagonisti accomunati da un fisico enorme, forgiato da allenamenti estremi e diete rigorose.
Sono culturisti, combattenti, “strongmen”, allenatori; hanno fatto del loro corpo una macchina unta e perfetta, della loro pelle un liscio, tiratissimo involucro.
Ma cosa c’è dietro alla mentalità dei “moderni gladiatori”? Quali sono le motivazioni, gli obiettivi e le ossessioni di chi spinge all’estremo il culto del corpo e del muscolo?

Il regista canadese Denis Côté (Curling, Boris san Béatrice) prova a dare qualche risposta – o perlomeno a suggerirne – in Ta Peau si Lisse, documentario molto cinematografico e poco didascalico in concorso alla 70° edizione del Festival di Locarno.
Seguendo le routine dei suoi sei personaggi, Ta Peau si Lisse ci parla di uomini (e una donna) completamente assorbiti da un credo microcosmico, una declinazione psicofisica che diventa ragione di vita per alcuni e insulso, se non addirittura caricaturale e grottesco, per tutti gli altri.
Ma nelle maniacali sedute di esercizio, nei numerosi accorgimenti alimentari e dietetici, negli investimenti corporei e nella forza di volontà dei giganti palestrati c’è qualcosa di affascinante e sacro.

A Skin So Soft documenta il tutto con poche parole, in osservazione quasi naturalistica e squisitamente cinematografica. Con qualche tempo morto ma un buon concept, Côté trova un pizzico di malinconia e patetismo nell’orgoglio macho dei suoi superuomini.
Il comune denominatore è il sacrificio, anche di amore e affetti. La camera li spia con ispirati appostamenti, studiandoli con la curiosità di strani, imponenti animali che non capiremo mai fino in fondo.

Luca Zanovello