Un commento a INSOUMISE, il film di Jawad Rhalib in anteprima al 27° FCAAAL.

Un'immagine del film INSOUMISE © Marianne Grimont - Photo: courtesy of FCAAAL

Un’immagine del film INSOUMISE © Marianne Grimont – Photo: courtesy of FCAAAL

Laila è una giovane disoccupata marocchina, che decide di lasciare il suo paese e di trasferirsi in Belgio alla ricerca di un impiego.
Lo trova nella piccola azienda agricola di André come lavoratrice stagionale: raccoglie mele condividendo alloggio e vitto con ragazzi e ragazze di pari età.
Presto le speranze di Laila, però, lasciano il posto al disincanto: il lavoro è duro, gli orari estenuanti, la paga misera e decurtata dal proprietario con ogni improbabile pretesto.
Anche le condizioni abitative sono a dir poco degradanti, e se parli o ti ribelli, evidentemente, sei fuori.
Ma Laila è determinata, orgogliosa e generosa: così la sua reazione ai soprusi, nonostante la posta in palio, contagia giorno dopo giorno gli altri lavoratori della fattoria.
E un piccolo, significativo cambiamento attraversa le politiche, i contratti e la condizione dei lavoratori stagionali belgi.

Temi contemporanei, temi pressanti, temi che non lasciano indifferenti: il secondo lungometraggio fiction del regista marocchino Jawad Rhalib li declina attraverso una storia di piccolo eroismo che rivendica diritti in modo semplice, diretto e circoscritto.
Nel suo esito essenziale, INSOUMISE, in anteprima in questi giorni al festival del cinema Africano di Milano, cova però anche il suo limite: la co-produzione belga-marocchina sembra infatti il risultato un po’ acerbo e ridotto all’osso di un’ambizione maggiore.
E’ grazie allo sguardo rabbioso e fiero di Laila, prodotto della prova super dell’attrice francese Sofiia Manousha, che il film supera indenne qualche momento di marea eccessivamente bassa e consegna il suo messaggio con intatta efficacia.
Il finale amarognolo riscatta qualche luogo comune di troppo, dicendoci che, in ogni tempo e spazio, il coraggio è una delle cose che ci salveranno.

Luca Zanovello