Recensione di A Day for Women (Yom Lel Setat, in originale), il film di Kamla Abou Zekri in anteprima italiana al 27° FCAAAL.
In una zona periferica del Cairo c’è una grande piscina. E’ frequentatissima. Gli uomini vi si recano nelle ore più calde. Un giorno il bagnino annuncia che la domenica sarà dedicata alle signore: solo loro potranno fruire in totale relax di quel luogo. D’un tratto le donne ottengono un privilegio e gli uomini si riscoprono rigidi di pensiero e un bel po’ egoisti. Non tutti ovviamente, gesti dolci non mancheranno in Yom Lel Setat (A Day for Women), il dramma aggraziato e spumeggiante in questi giorni sugli schermi milanesi.
In concorso al 27° Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina, arriva anche il romanticismo di Kamla Abou Zekri, regista egiziana già selezionata alla Mostra del cinema di Venezia con One-Zero nel lontano 2009, che oggi, con il suo A Day for Women, ci racconta una storia al femminile imperniata su… una nuotata.
Nonostante quello che si possa credere, la pellicola non è una fotografia tragica sulla condizione della donna nel mondo arabo. Al contrario, è rispettosa delle tradizioni ma forte, determinata e, quando necessario, con la risposta pronta. Con un accenno di sorriso, la regista ci racconta i dolori di tre protagoniste legate dalla quartiere in cui vivono e, da oggi, dal centro sportivo in cui si ritrovano. Una giovane che sogna da sempre un tuffo indossando un costume, e il giorno in cui lo può fare non sta più nella pelle; una signora un po’ agée dal cuore infranto che, in attesa dell’amore di una vita, impavida indossa meravigliosi tacchi tra vicoli putridi; una madre che non riesce a riprendersi dalla perdita di figlio e marito. L’appuntamento domenicale scardinerà tristi routine, iniettare novità, energia e sentimento nelle loro esistenze in modo inversamente proporzionale alle frustrazioni degli uomini intorno a loro.
Il cinema di Kamla Abou Zekri si rivela ironico e delicato, rispettoso ma fermo, profondo senza aprire voragini. Non stupisce leggere in rete sia stato tra gli eventi più attesi dal pubblico egiziano. Le sue figure femminili si difendono, riscoprono sensazioni perdute e si godono il loro nuovo spazio. Per contro quelle maschili ne escono fragili. Fragili nella loro mascolinità, che si sente messa in pericolo dall’intrusione nella loro piscina, e fragili nel modo in cui vengon seguite dalla macchina da presa. Svaniscono difronte alle loro controparti. Tra i pregi di questo lungometraggio vi son, infatti, le inquadrature: sensuali su una cascata di veli, fiabesche nel cogliere i movimenti di un braccio nell’acqua, fugaci nella sofferenza. E, alla fine, probabilmente, sarà la sua dolcezza la carta vincente, quella in grado di raggiungere i cuori più chiusi. Liberatorio.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”