Recensione del film PENDULAR di Julia Murat, premio FIPRESCI nella sezione Panorama della Berlinale 2017.

Il poster del film Pendular

Il poster del film Pendular

L’equilibrio nella vita è fondamentale. Sempre e ovunque. Nelle arti e nel privato. Si deve rimanere in equilibrio per danzare. Si deve trovare l’equilibrio della materia per forgiare una scultura. Ci vuole equilibrio per far funzionare una coppia. Si deve raggiungere un punto di equilibrio per riuscire a condividere il proprio microcosmo con qualcuno. Senza non si è felici. E la conquista di quest’obiettivo è prioritaria per i protagonisti di Pendular, il film di Julia Murat presentato in anteprima alla Berlinale 2017, nella sezione Panorama.

LEI e LUI sono due spiriti liberi, due menti fervide e sempre in movimento. LEI e LUI sono due artisti innamorati che oggi stanno definendo un confine – entro le mura domestiche – con del nastro adesivo. LE e LUI dividono in due splendide metà il capannone industriale in cui vivono, creano, lavorano. LEI è una ballerina, giorno dopo giorno intenta ad ideare coreografie. LUI è uno scultore alla ricerca di nuovi stimoli e forme da plasmare. Sono uniti dalla passione. Sono legati, ma non devono diventare dipendenti. Lo sanno, motivo per cui stanno mettendo in salvo il loro idillio con una ideale linea Maginot.

Di LEI (Raquel Karro) e LUI (Rodrigo Bolzan) impariamo subito molto, ma non conosciamo (e non conosceremo) i nomi. Non sono importanti. È la coppia a dominare lo spazio e tutta la scena. È la coppia complice, la coppia che si provoca, la coppia che s’incrina quella che seguiamo e che ci regala numerose performance nelle performance. Il lungometraggio scritto dalla Murat, a quattro mani con Matias Mariani, riflette (parzialmente) la loro neonata (all’epoca) relazione. Le emozioni, le vibrazioni, le menti e i corpi che si lasciano andare ci sono vicini, e presto diventano quasi tangibili. Avvertiamo l’incombere della sfida, l’emersione delle fragilità, il venir meno del sostegno reciproco a favore di una competitività innocente solo per poco. Riconosciamo i sintomi, sappiamo che sarà difficile trovare una cura e incuriositi assistiamo all’evoluzione di una storia intima, ogni minuto più passionale.

Rodrigo Bolzan e Raquel Karro in Pendular (c) Eduardo Amayo

Rodrigo Bolzan e Raquel Karro in Pendular © Eduardo Amayo

Pendular parla di equilibri cercati, trovati, mancati e lo fa con il supporto delle altre arti (scultura e danza, in primis) che donano alle immagini inconsueta morbidezza e grazia. Il messaggio inevitabilmente si amplifica. La vista, con tanti stimoli, ne rimane totalmente rapita. Tutti quei linguaggi, seppur privi di una voce, comunicano meglio di mille parole. È il trionfo degli istinti, del non detto, della corporeità.

Pendular è un viaggio dentro e fuori dallo schermo nel sentimento, nella creatività, nell’essere umano. Non può stupire abbia vinto il premio della federazione internazionale dei critici cinematografici – una delle giurie indipendenti del Festival – con la seguente motivazione: “Pendular receives the FIPRESCI award in the Panorama section for its outstanding visual quality and its narrative force that results in an accurate portrait of two contemporary artists. The expression of the modern and bold choreography of human relations in the story connects perfectly with the aesthetic and dramatic originality of the film”.

Riassumendo: Pendular è visivamente superlativo, emotivamente coinvolgente, esteticamente originale. È da scoprire.

Vissia Menza