Recensione del film Call me by your Name (Chiamami col tuo Nome) con Timothée Chalamet e Armie Hammer, in anteprima alla Berlinale 2017.
Call me by your name. Chiamami col tuo nome. Un titolo che ti tiene sulle spine, di cui cerchi il significato sino dalla prima inquadratura e quando lo scopri sei già caduto tra le sue braccia. Perché Call my by your name è un lungometraggio che ti rapisce e scombina il cuore. Call me by your name è la nuova fatica dietro la macchina da presa di Luca Guadagnino, arrivato a Berlino, nella sezione Panorama, dopo aver debuttato al Sundance. Ed è la visione più bella che ci è capitata sino ad ora.
La pellicola narra una storia splendida che stupisce per la sua dolcezza. Ti fa innamorare dei suoi personaggi e te li rende indispensabili. È come una pietanza rara e delicata che deve essere assaporata piano piano, sino in fondo per non essere dimenticata.
È la storia di un giovane diciassettenne, Elio, che ama leggere e scrivere musica. Non è introverso, è solo quieto, attento e curioso mentre attraversa l’impervio sentiero che porta all’età adulta, in cui tutto è più incomprensibile e difficoltoso. Elio è figlio di un professore universitario che ogni estate ospita in casa propria un dottorando. Questa estate l’“usurpatore” della sua camera si chiama Oliver, è americano, ha 24 anni ed è di una bellezza sfacciata. Il suo charme conquista subito tutti: la famiglia, il paese, soprattutto, Elio.
Travolto (e quasi tramortito) dalle emozioni, Elio si trova quindi difronte ad una delle prove più difficili: la scoperta dei sentimenti, del desiderio, della passione. Perché sulla sua via il fato ha messo lo splendido Oliver. I ragazzi si conosceranno, si stuzzicheranno, prima non si comprenderanno, poi legheranno e faranno amicizia. La loro sarà un’intesa preziosa, li arricchirà e li cambierà per sempre. Vivranno una di quelle esperienze uniche e invidiabili, una meravigliosa e struggente storia d’amore.
Quella che Luca Guadagnino ci regala è un’opera luminosa e toccante. Ricolma di odori, sapori, note e rumori. Le inquadrature sono calde, sudate, respirano. Gli occhi dei protagonisti paiono rivolti a noi. Ci sentiamo scrutati, controllati. Siamo convinti ci bramino, ci vogliano dall’altra parte dello schermo. Ci illudono di poter far nostre le loro sensazioni. Quando i loro corpi vibrano, noi smettiamo di respirare. Quando loro sono lontani, noi proviamo un peso al petto. Quando non riescono ad esprimersi, vorremmo abbracciarli e parlare per loro. Call me by your name è sensuale ma non indiscreto; è coinvolgente ma non soffocante; è diretto ma mai sfrontato. È una poesia di raro equilibrio.
Tratto dall’omonimo romanzo di formazione di André Aciman, il film idealmente chiude la trilogia del desiderio (composta da I am Love, A Bigger Splash e Call me by your name, appunto) ma speriamo non ci privi di questo modo di narrare per immagini che ieri ci ha fatto dimenticare l‘originale da cui era tratto A Bigger Splash e oggi ci ammalia con la bravura di Timothée Chalamet e Armie Hammer. I due riescono con piccole e solo accennate movenze, con sguardi fugaci e ammiccamenti a rendere la nascita e l’evoluzione del rapporto tra Elio e Oliver reale, importante, da vedere.
Call me by your Name, dopo l’ottima accoglienza oltre oceano ha replicato in Germania. Ora possiamo solo sperare arrivi presto nei nostri cinema. È commuovente sino alle lacrime.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”