Creso, sovrano della Lidia, come il suo predecessore Re Mida, divenne leggenda per il famoso potere di trasformare in oro tutto quel che toccava.
Oggi, a risultato dei petrodollari abbiamo ghepardi al guinzaglio, eleganti Lamborghini, gruppi di fuoristrada come carovane di cammelli, Harley Davidson placcate in oro 24 carati e costellate di brillanti, tenute sfarzose e kitsch, tra tornei e aste di animali costosissimi, più di un quadro dei Nidi di Van Gogh.
Tutto questo è The Challenge, il ritratto assurdo di Yuri Ancarani su i “Creso” contemporanei e sui loro uccelli dalle uova d’oro.
Presentato tra i Cineasti del Presente del Festival di Locarno, The Challenge, fin dal titolo, sembra porre allo spettatore degli interrogativi. Il film contempla e narra senza giudizio il mondo sconosciuto ai più della falconeria, un’arte medioevale legata alla nobiltà, fatta di tradizioni e ritualità.
Dopo uno studio di 3 anni Ancarani, racconta un week-end in Qatar, per un torneo di falchi, volatili regali e quasi mistici.
Forse, a una seconda lettura, con quello che sta accadendo nel mondo arabo, la sfida del titolo si volge a una riflessione sociale: alla fine il falco aggredisce il piccione e questa francamente potrebbe fungere da metafora.
Oppure il regista, artista parla di una sfida personale, riuscendo a fare il primo lungometraggio e a entrare in un mondo chiuso e diverso come quello del jet set arabo e degli animali. Fatto sta che il film riesce da diversi punti di vista tanto da vincere.
Vediamo quali sono.
Fin da subito questi falchi sembrano i veri e soli protagonisti. Se da un lato, Ancarani con il deserto, vuol riflettere sull’ancestralità dell’uomo, dall’altro sembra interessato alla ritualità che lega l’essere umano alla cura fin ossessiva di questi predatori.
Il film è girato tutto sui toni del giallo, il cui effetto contemplativo ed estetico è di un’estrema eleganza e potenza. Con una musica che mette a disagio, fin dalla prima scena d’apertura, che ricorda gli Uccelli di Hitchcock, vediamo un’architettura enorme, il cui interno svuotato è gremito di falchi che svolazzano liberi. Interni d’oro, anche della Lamborghini, sedie d’oro, leopardi, dune, case d’oro: tutto luccica e abbaglia. Quasi un miraggio.
Si presenta nel film il deserto in tutta la sua potenza, scardinando poi il rapporto tra tradizione e innovazione. La vita che lo contraddistingue ha spesso un significato antropologico. Basti pensare all’ironico accostamento della caccia col falco, tradizione medioevale, integrata con Lamborghini, jet privati svuotati solo per trasportare gli ultraricchi uccelli, mega schermi LCD o Play Station, dentro una tenda.
Lo stupore di chi osserva delle scene assurde e originalissime create è uno dei risultati ottenuti nello spettatore. Chissà se Ancarani conosce un quadro dal titolo Donne e uccelli al levar del sole di Miró, seguace del surrealismo, secondo cui l’arte non è una rappresentazione, ma una comunicazione dell’uomo con il mondo. In questa dimensione irreale che dà grande importanza al sogni e all’inconscio, il pittore tende ad avere una visione poetica e fiabesca della realtà e radicalizza un’arte intrisa di una meravigliosa assurdità.
Lo stesso effetto ottiene The challenge, suscitando, in senso barocco, una poetica della meraviglia e, rievocando la potenza misteriosa della natura, lo stupore a essa correlato che non finirà mai di sorprenderci. Nonostante la Play Station.
Gaia Serena Simionati