Photo: 2016 - Mary Cybulski

Photo: 2016 – Mary Cybulski

Paterson condivide la sua bella casina in New Jersey con la dolce metà: l’eclettica Laura, una riccioluta ragazza dal viso di bambola che si diverte a decorare e rendere unico ogni anfratto, arredo e corredo del loro nido di amore.

Paterson guida un autobus e ama la poesia, quella che gli esce dal cuore e quella di William Carlos William, che di quei luoghi ha scritto. Perché Paterson, ironicamente, è di Paterson (NJ) e ama annotare a suo modo ciò che vede, che lo circonda… a Paterson.

Con un’esistenza routinaria fatta di lavoro, pranzi al sacco, versi intimi e mai condivisi, una birra dopo cena al pub in fondo alla via e passeggiate solitarie con un dispettoso cane, Paterson conduce una vita tranquilla e non riesce a dire di no alla sua seducente compagna, ancora in cerca della propria strada.

Paterson è l’ultimo film scritto e diretto dall’eclettico regista americano Jim Jarmush, presentato in concorso a Cannes 2016, con Adam Driver nei panni del nostro autista-artista. La pellicola sprigiona sin dalle prime inquadrature tutta la sua bellezza: è una affascinante poesia sulla normalità, narrata da una penna che si nutre di quella normalità e non ne cerca un’altra. Il nostro eroe non scrive per emergere, pubblicare i suoi pensieri e diventare famoso e non sogna di lasciare il suo autobus per finire tra qualche anno in un’antologia: Paterson esiste grazie a quel susseguirsi di azioni e movimenti, uguali e prevedibili, destinati a non sorprendere mai nessuno. È una sorta di confort-zone che gli dona stabilità e lo rende ciò che è.

Photo: 2016 - Mary Cybulski

Photo: 2016 – Mary Cybulski

Quello che ci troviamo difronte è un lungometraggio semplicemente squisito, summa di tutta la filmografia di Jarmush: con un anti-eroe incarnazione dell’anti-sogno americano, che da un lato ci stupisce dall’altro rispecchia l’indole “trascinata” che risiede in ognuno di noi, con una splendida fotografia, con note pensate e inserite al momento giusto e con inquadrature che sono un quadro nel quadro. L’incedere è lento come lente sono le giornate del protagonista. L’ironia è leggera e sempre in un contesto intimo, per lo più davanti ad un bancone con in mano una pinta di birra, senza esagerare. E la trasformazione di Adam Driver in Paterson è stata così convincente da illudere molti di noi non avesse rivali nell’aggiudicarsi un premio lo scorso 22 maggio.

Paterson è un’opera che trascina e avvolge, che ci porta dentro quella casa e ci fa sentire a nostro agio, che si spiega con linearità e dolcezza senza scossoni che turberebbero un equilibrio fondamentale per coloro ai due lati dello schermo, non ci sono urla o schiamazzi e nessuna parola di troppo. Possiamo osservare, pensare e sognare. Le persone che incontriamo sprigionano armonia. Tutto è poesia nella poesia, e di tanta bellezza non riusciremo mai a farne a meno.

Vissia Menza