bacalaureat

Romeo Aldea è un brav’uomo, è un medico dedito al suo lavoro, è un padre protettivo, è un marito disilluso. Romeo vive in un paese di montagna dell’odierna Romania, ed è ad un passo dal vedere realizzarsi il suo sogno: far andare a studiare la figlia in una prestigiosa università inglese. Per una vita ha protetto la sua principessa dalla realtà che li circonda, l’ha cresciuta seguendo i principi della meritocrazia, del duro lavoro che paga, della rettitudine. Ad un passo dalla realizzazione di tutto questo e vederla proiettata in un mondo libero da promesse obbligate, favoritismi e degrado, la sua Eliza viene aggredita all’ingresso della scuola, a 24 ore dall’inizio dell’esame di maturità che deciderà il suo futuro.

Il povero Romeo si sente crollare il mondo addosso e, in effetti, una serie di eventi nefasti si concateneranno seguendo il comune detto che la sfortuna ci veda benissimo. Fidanzati smidollati, poliziotti più o meno corrotti, richieste di aiuto, ricatti velati, infarti inopportuni, i giorni degli esami saranno fonte di preoccupazione, guai, incomprensioni ed errori di cui pagherà il prezzo più alto sempre e solo il nostro protagonista. L’unica soluzione sarà imboccare una via e giocare ad un gioco secondo regole opposte a quelle in cui ha sempre creduto.

Mobra Films / Why Not Productions / les Films du Fleuve

Mobra Films / Why Not Productions / les Films du Fleuve

Cristian Mungiu, Palma d’oro a Cannes nel 2007 con il film 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, torna in Croisette proiettato direttamente sul podio. In molti dopo aver visto Bacalaureat lo credevamo tra i favoriti per la seconda Palma, alla fine nei magnifici otto ci è finito Ken Loach mentre a lui è andato il premio per la miglior regia ex-aequo con Olivier Assayas.

La sua fotografia di un Paese moderno nell’uso della tecnologia ma non nella mentalità, alle prese con usi e abitudini dure a morire (e non per forza confinate entro le frontiere romene) porta ad una riflessione sulla situazione attuale, in generale, dell’uomo medio in una Europa ogni giorno più disgregata. Accanto ad una disillusa presa di coscienza che, appunto, neppure le buone intenzioni ci rendano immuni dal cadere nella rete del clientelismo, ne subentra una più intima sul duro ruolo di un genitore, responsabile del benessere della propria prole: ovunque sia, qualunque cosa succeda, un padre sarà sempre disposto a sacrificare tutto, anche i propri ideali, pur di proteggere i figli e, ovviamente, sarà ritenuto l’unico responsabile dei loro fallimenti. E’ un fatto e, anche questo, prescinde dal territorio o la nazionalità. E non è finita qui. L’aspetto più interessante riguarda l’analisi di quanto sia semplice scivolare in un circolo vizioso, di quanto rettitudine e correttezza non ci rendano immuni dalle trappole anzi, talvolta, ci tramutino in prede perfette.

Bacalaureat - Photo: Mobra Films / Why Not Productions / les Films du Fleuve

Mobra Films / Why Not Productions / les Films du Fleuve

La pellicola del cineasta romeno è un sobrio e lucido affresco sociale, mostra la normalità, le umane imperfezioni, gli amori consunti, l’adolescenza, la bontà d’animo che ci si rivolta contro e la necessità di trovare un compromesso con sé stessi, con chi si ama, con chi ci gravita intorno. Un solo uomo, il dottor Aldea (un bravissimo Adrian Titieni) è messo alla prova dal fato, dalla famiglia, dalla vita e, a conti fatti, l’annosa domanda sarà sempre e solo una: quando il fine può giustificare i mezzi? Quando si può spostare il confine tra lecito e sbagliato?

Cristian Mungiu con Bacalaureat e i suoi personaggi semplici arriva diretto al cuore di chi guarda e raggiunge il livello di quel cinema d’autore per cui la stessa Francia eccelle da sempre.

Vissia Menza