Il Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina (FCAAAL) non è solo anteprime nazionali di pellicole straniere dirette da grandi nomi e il suo concorso lungometraggi. C’è una sezione importante, in cui convogliano gli sforzi di cineasti con una gran voglia di raccontare le loro storie, e/o fotografare situazioni degne di attenzione, con freschezza e nuovi linguaggi: quella dei cortometraggi. La kermesse milanese si è, infatti, sempre contraddistinta per la sua abilità nel portare in città autori dall’alto potenziale e concretamente aiutarli nel realizzare il loro progetto.
Ieri sera sono stati proclamati i vincitori dell’edizione 2016. Abbiamo dedicato molte righe ai lungometraggi, ora è giunto il momento di parlare dei corti saliti sul podio.
Partiamo da The Mocked One che si è aggiudicato due riconoscimenti:il Premio Duomo Viaggi e Turismo al Miglior Cortometraggio Africano (del valore di 2.000 €) e il Premio Sunugal, che consiste nell’acquisizione dei diritti di distribuzione in Italia.
Gli elementi che hanno colpito, sia chi era in sala sia le giurie, sono stati la dovizia di particolari, la luce, la fotografia, l’uso del paesaggio e dei colori (in particolar modo il rosso), l’abilità nel mostrare riti e rituali lontani, ancestrali, sconosciuti con poche efficaci inquadrature e il saper narrare una storia epica con gesti e parole semplici e essenziali ma eleganti. Il filmato di Lemohang Jeremiah Mosese (classe 1980 e una carriera divisa tra il suo paese e Berlino) si contraddistingue proprio per questo: è coinvolgente e d’inattesa eleganza.
Le menzioni speciali della giuria sono invece andate a: This Migrant Business e Aya goes to the Beach.
Il primo si avvale dell’animazione per toccare il delicato problema, esploso in maniera preponderante negli ultimi anni, del business dei migranti, facili prede di persone senza scrupoli interessate solo al guadagno e alla corruzione. Riconoscibili per quello sguardo carico di speranza, destinato a mutare molto presto, queste persone sono vittime di aguzzini e di leggi che paiono incapaci di risolvere la situazione alla fonte. Come al solito, l’anello più debole della catena è quello che paga il prezzo maggiore. Breve, diretto, chiaro e con uno stile particolare, il lavoro del regista keniota Ng’endo Mukii si è aggiudicato anche il premio Arnone – Bellavite Pellegrini Foundation, che prevede l’acquisizione dei diritti di distribuzione in Italia.
La seconda menzione va Aya goes to the Beach della regista marocchina Maryam Touzani. Una dolcissima storia d’infanzia negata, quella di Aya, costretta a fare la domestica per una ricca signora e a rinunciare al gioco, che riesce nonostante tutto a vivere la sua età. La piccola concilia il dovere con parentesi ludiche e con l’alleanza di sguardi, risate e caramelle con la vicina di casa. Il sorriso delle due, la bravura delle interpreti, i colori e la luminosità rendono il racconto, peraltro tutto femminile, tanto doloroso quanto fiabesco. Girato con attenzione, accurato nella scelta delle protagoniste, il film riesce a portarci entro quelle mura e si è meritatamente aggiudicato anche il Premio CINIT con la conseguente possibilità di essere distribuito.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”