Photo: courtesy of FCAAAL

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Poche ore fa si è alzato il sipario sul Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina che si tiene da 26 anni, ogni primavera, a Milano. Sei giorni in cui in città si possono vedere, toccare e talvolta gustare, tradizioni che arrivano dai tre diversi continenti. Storicamente nato come festival del cinema africano, nel tempo si è evoluto in evento che abbraccia culture lontane, ed è anche grazie a questa contaminazione che l’apertura dell’edizione 2016 è avvenuta per mano di un veterano della macchina da presa in arrivo dal Giappone: Takeshi Kitano. Un vero maestro, un poliedrico cineasta noto a molti per il film in costume Zatōichi.

Kitano è una vera leggenda, basta la definizione che trovate con qualche clic su Google per rendervi conto dello straordinario talento che si cela dietro ad pilastro assoluto del cinema orientale: attore, regista, sceneggiatore, montatore (!), scrittore, pittore (!!), presentatore (!!!) e autore televisivo. Versatile, curioso, audace, radicale, nella sua carriera ha percorso con successo (superando brillantemente un periodo nerissimo) svariati filoni e, dopo la trilogia del “suicidio”, è tornato ad un vecchio amore, gli Yakuza movie, prima di  approdare a Ryuzo and the Seven Henchmen.

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L’ultima fatica di Kitano è, infatti, una sobria commedia con protagonista una gang di arzilli vecchietti (tutti grandi attori in madrepatria) ex yakuza-men, intenzionati a mettere in riga le nuove leve della mala vita locale che credono di potersi beffare di loro e del codice d’onore dei tempi andati. Ancora Yakuza, quindi, ma in chiave ironica. Molti i sorrisi, e molte le gag che vi regaleranno Ryuzo e i suoi scagnozzi mentre tenteranno di essere ancora forti ed efferati.

Ryuzo oggi è un nonno burbero, con un rapporto conflittuale col figlio, che si diverte a terrorizzare i bambini del vicinato brandendo, in canotta e ciabatte, nel cortile di casa, una spada di legno. Con inequivocabili tatuaggi che richiamano al suo passato ribelle e violento, l’uomo appena si ritrova con l’appartamento libero, decide di riunire gli amici e storici compari per ricreare la “famiglia” e sentirsi ancora una volta vivi. Scappando da strutture geriatriche, ospedali e mentendo ai famigliari, i magnifici sette saranno al centro di una serie di equivoci e battaglie impossibili, di sicuro coinvolgimento del pubblico.

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Ryuzo and the Seven Henchmen non si prende sul serio e non ha pretese autoriali, assume piuttosto la forma di un divertissement ben confezionato, gentile, sempre luminoso e mai eccessivo. Cavalcando l’onda dei Blockbuster con protagonisti degli eroici pensionati, Kitano ci offre una versione meno roboante, ma altrettanto frizzante, di questo trend 2.0 che ha fatto la fortuna di molte star a stelle e strisce, donando all’opera un carattere deciso e inconfondibile che rappresenta un marchio di fabbrica della sua esaltante filmografia.

Vissia Menza