Photo: courtesy of BFM34

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“La Libertà è una conquista e non un’elargizione.”

Con questa massima del pedagogista Paulo Freire si apre l’ultima opera di Enrico Masi, “Lepanto O Ultimo Cangaceiro”, un progetto ideologico e introspettivo dal profondo senso evocativo e da un principio di costruzione diametralmente concettuale. Una lotta epocale in nome dell’emancipazione, come insegna la storia e la battaglia di Lepanto, che vide le forze della Lega Santa trionfare sull’Impero Ottomano per il controllo di Cipro nel 1571. Un conflitto che oggi contrappone le multinazionali e il colossi immobiliari da una parte e la resistenza di comunità schierata in difesa dei diritti umani dall’altra.

Gli amanti del cinema di genere e del glorioso western made in Italy, ricorderanno il film di Giovanni Fago, dal titolo omonimo O’ Cangaçeiro, in cui il mitico Tomas Milian vestiva i panni del condottiero brasiliano Espedito detto “Il Redentore” per il suo modo di ispirarsi alla voce del Vangelo incarnando il modello del bandito buono, di un Robin Hood zelante dell’ordine ma al tempo stesso dalle vaghe (e confuse) aspirazioni di giustizia. Anche nell’hybrid fiction di Masi, il protagonista Mike Wells è un cavaliere solitario teorico e del pensiero, un cowboy che cerca di ristabilire la legge ma vive dentro di sé un interrogativo esistenziale e cognitivo che lo inibisce ma lo fa diventare un testimone attivo in cerca di un sogno da realizzare.

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Lepanto – O Último Cangaceiro è un ritratto vivido e acceso di amore e amicizia, dipinto sullo sfondo dell’invasione globalizzante dei Mondiali di Calcio, di un episodio che rivive nella mente del filmmaker in procinto di concludere un documentario sul Brasile, con l’aiuto dell’amico Mike, durante un avvenimento di portata internazionale: i mondiali di calcio.

Piegato e ossessionato dall’evento, Masi si distacca dal contesto realtà per inserirsi in un mondo astratto in cui la sua visione è indirizzata verso la creazione di una materia quasi fantastica quale veicolo di comunicazione con il pubblico, attratto emotivamente e intellettualmente da una storia complessa e potente, densa di suggestioni visive e sonore. Attraverso una serie di linee guida fornite dal regista, Mike penetra nel cuore di una Bologna suburbana e esoterica, dove incontra uomini, artisti e detrattori che manifestano la loro posizione (pro e contro) nei confronti del documentario. L’imprevista apparizione della sua compagna Maria, trascina Mike in uno turbolento sisma personale che lo porta ad affrontare un viaggio esperienziale e mistico verso la metamorfosi e a diventare l’ultimo cangaceiro, fiero paladino e voce narrante del lungometraggio.

Le intenzioni esibite sin dalla premessa forniscono uno spunto di riflessione e una chiave di lettura sulla narrazione, veicolata nella via di un razionale sviluppo dalla carica sociale e metaforica. La popolazione brasiliana è impegnata a lottare fino all’ultimo sangue per ottenere una propria libertà, opponendosi ai progetti edilizi messi in atto dall’organizzazione del mega evento. Lo scenario di smarrimento, distruzione, allontanamento in cui versano gli abitanti carioca è la causa che genera situazioni inquietudine e apprensione: la ricerca dei valori autentici, l’attaccamento alla terra natia e le divergenze tra culture sono motivo dello scontro totale tra diverse civiltà.

Enrico Masi dà vita a una pellicola dalle molteplici sfumature poetiche ed espressive che mescola finzione, realtà e sogno in una cornice documentaristica legata alla necessità di aprire ad una riflessione concreta sullo spaccato contemporaneo.

Andrea Rurali