I festival sono preziosa occasione di vedere pellicole inedite e di scoprire autori brillanti, talvolta già apprezzati in altre regioni, ancora sconosciuti alle nostre latitudini. Ogni anno l’organizzazione del Bergamo Film Meeting si trasforma un segugio e riesce a individuare opere sorprendenti di film-maker europei non ancora main stream ma con tutte le carte in regola per sedurre il pubblico. Toz Bezi (Dust Cloth) era all’ultima Berlinale, sezione Forum, e in sala non è passato inosservato. Noi l’avevamo perso… sino ad oggi.
Siamo a Istanbul, nella città moderna in cui regnano gli smartphone, in cui si avverte una spaccatura tra ricchi e persone che fanno fatica a sopravvivere, in cui le culture si mescolano ma c’è ancora qualcuno che si domanda se tu sia curdo. Appartengono a questo gruppo, meno fortunato, Nesrin e Hatun, due amiche, due vicine di casa, due lavoratrici instancabili. Entrambe hanno mariti fannulloni e devono accollarsi il ménage familiare. Hatun convive con un consorte disoccupato perennemente sul divano e un figlio adolescente in crisi adolescenziale, Nesrin dalla disperazione caccia il proprio uomo e rimane sola con la figlia. Sopravvivere facendo un mestiere malpagato e umile non è però cosa semplice e ben presto le prime frizioni e dis-illusioni compariranno all’orizzonte.
Nonostante le due donne facciano del proprio meglio per essere benvolute dalle ricche committenti, nonostante sognino di riuscire ad andarsene e si adoprino in colloqui dagli esiti dubbi, nonostante il grande impegno per ottenere un riscatto, dopo anni di duro lavoro, alla fine, si devono arrendere: accade sempre qualcosa che le riporta alla realtà. E’ inutile confidare in un salto di classe, chi vive intrappolato in una spirale negativa non ne uscirà mai. Un messaggio duro da digerire come difficile da dimenticare è il misto di dignità e disperazione che vediamo negli occhi di Nesrin.
Toz Bezi mette a confronto due mondi che prendono uno dall’altro ma proseguono su vie parallele destinate a non congiungersi mai. E non ci sono veri vincitori. Nonostante il messaggio della storia sembri essere uguale ed opposto a quello dell’American Dream colpiscono, infatti, la forza delle protagoniste destinate a soccombere e l’immenso vuoto negli occhi dei ricchi che non assomigliano per nulla a persone felici.
Il film diretto da Ahu Öztürk è equilibrato, sobrio, non punta su immagini o discorsi violenti, vince grazie ai silenzi e agli sguardi delle bravissime Asiye Dinçsoy (Nesrin) e Nazan Kesal (Hatun). Ognuno di noi, probabilmente in maniera diversa, ne rimarrà colpito.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”