Photo: courtesy of 59° BFI LFF

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11 MINUTES è il nuovo film di Jerzy Skolimowski, scrittore-poeta di successo, attore anche per diletto, grande regista (vincitore di numerosi premi a Cannes, Venezia, Berlino solo per citarne alcuni). Il suo nuovo lavoro è un thriller adrenalinico, ansiogeno, sorprendente, in grado di soddisfare sia il pubblico affamato di emozioni sia il cinefilo più esigente. Questa è la storia di undici minuti delle vite di un variopinto (e variegato) gruppo di persone che valica un crocevia come tanti. Il finale vi lascerà di stucco. La data di uscita dalle nostre parti è purtroppo oscura.

 

RECENSIONE

 

La fine di ottobre, il mese da brividi per eccellenza, si avvicina e noi continuiamo a parlare di opere che ci tengono sul filo. Dopo THE WALK, dedichiamo qualche riga ad una pellicola in concorso a Venezia 72, che abbiamo visto alla sua prima londinese: 11 MINUTES.

Ampiamente scollinato i 70 (anni) Jerzy Skolimowski continua a sorprendere. Scrittore di successo, regista curioso, con numerose collaborazioni importanti, abituato ai trionfi di pubblico e di critica (ha vinto premi a molti festival internazionali tra cui Venezia, Cannes, Berlino), con parentesi d’attore che talvolta si trasformano in veri divertissement (per esempio negli AVENGERS – era uno dei villain), in quest’autunno 2015 ci presenta un film originale e inatteso. 11 MINUTES è esattamente quello che state pensando: è il racconto di undici minuti delle vite di un gruppo di persone che s’incrociano, si sfiorano, alcune si conoscono, altre non s’incontreranno mai.

Photo: courtesy of 59° BFI LFF

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Son undici minuti legati da un unico fondamentale elemento: un crocevia, con un bel parco sullo sfondo, un lussuoso albergo difronte e, in mezzo, un baracchino degli hot dog con la sua clientela variegata fatta di suore affamate e amanti stranite. Ma, su quel marciapiede, si fermeranno anche spacciatori disastrati, attori e aspiranti tali. Gente comune con problemi comuni che – forse – scopriremo con l’avvicinarsi dell’epilogo.

11 MINUTES inizialmente lascia perplessi. Ha una luce diffusa e abbagliante, ha una fotografia vivida che ti fa venire voglia di indossare gli occhiali da sole, ha inquadrature che si muovono, che schiacciano, che ti forzano quasi dentro la mente di chi parla. È claustrofobico, è ansiogeno, è un thriller in cui nulla è lasciato al caso e ogni singolo dettaglio contribuisce ad amplificare la curiosità dello spettatore, a non farlo distogliere, a indurgli dubbi sino ad un finale audace, brillante, di quelli che oggigiorno non ti aspetti  di vedere.

Photo: courtesy of 59° BFI LFF

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L’autore riesce,  con maestria e coraggio, a intrecciare storie enigmatiche a momenti di assoluta normalità. Per arrivare in fondo con siffatta lucidità ci vuole grande esperienza (e fegato), doti che solo una persona tanto energica, con una vita intensa e curiosa come Skolimowski, poteva avere.

Il film ha una sceneggiatura pulita, fresca, drammatica, carica di suspense; i suoi dialoghi sono equilibrati e taglienti, sprovvisti di parole in eccesso; la camera è spesso a mano, talvolta sfrutta Skype, non disdegna gli iPhone e i monitor di sorveglianza, cosa che contribuisce a sottolineare quanto il cineasta (classe 1938!) abbia ancora voglia di osare e sperimentare per regalare uno spettacolo al suo pubblico.
Lo spettacolo c’è stato, l’essere umano è andato in scena, in sala siam rimasti di stucco. Bravo! 

Vissia Menza