Sono giorni che tutti mi chiedono che impressione ho avuto del film di Stephane Brisé in concorso qui a Cannes. Ho dovuto pensarci. Sulle prime, mi ha dato fastidio, poi mi sono resa conto che stavo sbagliando. Avevo confuso la semplicità e la normalità per banalità. Mea culpa. Al pari, ammetto di essere stata influenzata dal giudizio su alcuni ruoli affidati in passato a Vincent Lindon che trovavo poco adatti a lui, quasi che i registi non vedessero e sfruttassero del tutto le potenzialità dell’attore difronte a loro.
Alla fine ha vinto LA LOI DU MARCHE: ho raccolto le idee e sono nati due scritti, una recensione e ora un piccolo (e meritato) approfondimento. Il film, infatti, presenta caratteristiche che a prima vista potrebbero sfuggire.
Partiamo da cast & crew.
L’attore principale, Vincent Lindon è alla terza collaborazione con il regista. Oramai i due si conoscono bene e probabilmente hanno creato quella complicità che s’istaura solo col tempo e che permette a entrambi di sapere esattamente cosa aspettarsi dall’altro. E mai come in questo caso ciò deve essere stato d’aiuto. Il set de LA LOI DU MARCHE, infatti, prevedeva non poche differenze rispetto al passato. Prima fra tutte, il protagonista era attorniato da attori non professionisti, elemento che avrebbe potuto rallentare la fase di realizzazione. E poi c’era Eric Dumont, un capo-operatore promettente ma giovane e senza esperienza nella fiction (arrivava direttamente dal documentario). Due elementi utilissimi per rendere veritiero il punto di vista di Thierry/ Lindon e per creare un legame col pubblico, ma che potevano trasformare il momento delle riprese in un lungo periodo di passione (e solo oggi sappiamo non essere andata così).
Gli aneddoti non sono finiti qui. Passiamo a qualche dettaglio tecnico.
In conferenza stampa Brisé ci ha fatto notare che LA LOI DU MARCHE è il suo primo film girato con camera a mano. Lo scopo era di riuscire a mostrare, attraverso gli occhi del protagonista, cosa accadesse nei piccoli spazi angusti in cui lavorava ogni giorno, facendo in modo che l’immaginazione dello spettatore si intrecciasse con quella di Thierry/Vincent. Perché sin dalla nascita del progetto, il regista voleva filmare la realtà, voleva che la telecamera catturasse solo il vero e il modo migliore era utilizzare un taglio documentaristico, filmando in uno spazio ristretto (spesso erano solo 4 x 4 mt.). Il risultato è che spesso si vedono solo le spalle, il profilo o un pezzo della figura di Lindon, cosa che provocherebbe maggiore empatia – osservazione questa, che m’imporrà una seconda visione per notare gli escamotage a cui non avevo prestato attenzione.
Prima di chiudere vale la pena soffermarci su un ultimo particolare: questo è uno dei film di Cannes 2015 con un chiaro messaggio sociale e politico. Cosa non di poco conto. LA LOI DU MARCHE mostra la realtà, e la quotidiana violenza verbale, non dimentica la miseria, e ci fa percepire lo snervante autocontrollo che il povero Thierry deve tenere durante una interminabile serie di piccole e grandi umiliazioni quotidiane. Ci scappano sorrisi a denti stretti quando lo vediamo alle prese con colloqui via Skype dalle domande inappropriate, quando è in banca difronte a un’ottusa impiegata, quando si ritaglia qualche ora per la lezione di danza con la moglie ma, di fatto, vorremmo reagire per lui.
Il finale della 68° edizione del festival sta rivelando ottime sorprese. Quest’anno la lotta per la Palmarès è ad armi pari ed è arduo azzardare delle previsioni. LA LOI DU MARCHE, soprattutto Vincent Lindon, rimane comunque uno dei favoriti.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”