È giunto il momento di commentare il Concorso Internazionale e le pellicole che più mi hanno impressionata durante il 68° Festival de Cannes. Oggi parliamo di SICARIO, diretto da Denis Villeneuve. Un film attento, ritmato ed elegante che si tiene ben lontano dagli illustri TRAFFIC e 21 GRAMMI, pur condividendone temi e drammaticità.

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Texas. Un giorno di ordinaria follia. L’agente Macer sta per finire il turno, per l’ennesima volta, in modo esplosivo. Siamo al confine col il Messico e l’annoso problema dei clandestini, del traffico di droga, della corruzione e del terrore, pare non avere mai fine. A Juarez, la città dall’altra parte della frontiera, le cose vanno ancora peggio: ê il regno dell’illegalità e vige solo la legge della giunga, il più forte tutto può e decide. Ogni tanto alcuni impavidi provano ad unire le forze per arginare la marea montante di crimine e follia ma sembra una lotta contro i mulini a vento.

Kate Macer (Emily Blunt) ha studiato legge, è tutta d’un pezzo, è determinata e ha degli ideali molto forti. Quando le viene proposto di prendere parte ad una operazione congiunta con altre agenzie governative non ha alcun dubbio, accetta. La donna non sa che da quel giorno le sue certezze crolleranno una ad una man mano che si scontreranno con la nuda e cruda realtà.

Benicio Del Toro in una scena di SICARIO - Photo by Richard Foreman

Benicio Del Toro in una scena di Sicario © Richard Foreman

Alejandro (Benicio del Toro) è l’uomo misterioso, forte, che tutto sa e fa, che la intimorirà, la intrigherà e la confonderà con il suo passato di sconfinato dolore e il suo presente dominato da segreti e violenza. E mentre la donna diventerà ogni minuto più vulnerabile, noi in sala abbasseremo le difese, ancora una volta messi con le spalle al muro dal regista Denis Villeneuve e dal suo film.

Sicario ci impone di scegliere chi sia l’eroe di una storia in cui tutti hanno un passato, hanno sofferto e hanno commesso errori. I protagonisti sono esseri umani imperfetti esattamente come noi e le loro reazioni potrebbero essere le nostre. Le domande da porsi sono quindi solo due: quando il fine giustifica i mezzi? Cosa faremmo se ci trovassimo nella medesima situazione? Perché ciò a cui assistiamo è la triste evoluzione di un problema che arriva da lontano, comune ai tanti Paesi di frontiera.

Denis Villeneuve regista di SICARIO - Photo by Luis Ricardo Montemayor Cisneros

Denis Villeneuve regista di SICARIO © Luis Ricardo Montemayor Cisneros

Il nuovo (capo)lavoro del regista canadese è un’opera intensa che alterna azione, suspense e dramma. L’adrenalina scorre copiosa, le crisi emotive sono ricorrenti e quelle di coscienza sempre più frequenti con lo scorrere dei minuti. Come già capitato in PRISONERS, la scenografia e la fotografia sono attente, la musica gioca un ruolo fondamentale (il nostro battito viene scandito dalle note di Johan Johannsson, autore islandese dalle mille sorprese) e la prosa è disarmante per quanto riesca a mostrare con semplicità ed eleganza la dura realtà e trasformi lo spettatore nell’unico giudice, l’unico che possa decretare eventuali vincitori e vinti.

Noi eravamo alla presentazione mattutina del film e per due ore abbiamo provato un misto di curiosità, speranza e – soprattutto – paura. Gli applausi sul finale ci sono quindi sembrati dovuti e il fatto che toccasse argomenti noti, e già sfruttati in modo eccellente al cinema, non ci ha impedito di emozionarci e inserire Sicario nella liste delle migliori opere viste sino ad ora.

Vissia Menza