Ė domenica, ci godiamo uno sprazzo di sole e nella quiete mattutina ripensiamo a questo mese di agosto. L’evento che ha invaso la nostra prima pagina (e le giornate) ė stato il 67° Festival del Film Locarno, in riva ad un lago, il Maggiore, baciato anch’esso talvolta da un tiepido sole e bagnato spesso da tonnellate di acqua piovana.

Mentre la Mostra del Cinema di Venezia si avvicina al giro di boa, ripensiamo al secondo festival per importanza di lingua italiana, e ai suoi film visti, non visti e abbandonati per disperazione; agli ospiti annunciati, arrivati, persi all’ultimo minuto; e, dopo aver metabolizzato l’evento, ecco cosa ci piace imprimere nella memoria e condividere con voi.

Locarno 2014 © MaSeDomani

Locarno 2014 © MaSeDomani

La cosa più sorprendente ė stato il meteo ballerino, tanta pioggia alternata a sole augustano di un’anarchia che neppure i nonni ricordano, ma che non l’ha avuta vinta sulla nostra determinazione e su quella dell’affezionato pubblico della Piazza (Grande), da sempre pronto a sfidare fulmini e tuoni pur di godersi un’anteprima su uno degli schermi più grandi di Europa.

Rimanendo nella magica arena sotto le stelle ci ricorderemo di un programma per certi aspetti più debole rispetto alle precedenti edizioni, nonostante una partenza folgorante insieme all’ultima eroina del cineasta francese Luc Besson, “Lucy“, interpretata da una convincente e sempre più versatile (e sensuale) Scarlett Johansson. La scaletta ė parsa meno dirompente, però più accomodante verso le nuove leve (del cinema elvetico e non solo) che hanno avuto così accesso ad un vetrina ambita e tradizionalmente difficile da raggiungere (e la eco delle note gentili di “Pause” ritornano forti nella nostra mente).

Lav Diaz vincitore del Pardo d'oro 2014 © Festival del film Locarno - Carlo Reguzzi

Lav Diaz vincitore del Pardo d’oro 2014 © Festival del film Locarno – Carlo Reguzzi

La selezione di film in Concorso Internazionale, invece, ė stata eccellente e omogenea: equamente ripartita tra cinema d’autore e c.d. “da festival“, con due opere che spiccavano per lunghezza, una delle quali si ė aggiudicata l’ambito Pardo d’oro. Lav Diaz ha sfidato la pazienza di tutti ma ha avuto la sua rivincita: chi ha resistito dal primo al trecento trentottesimo (!!!) minuto ė rimasto appagato e si è subito unito al coro di chi gridava al capolavoro.

In molti hanno percepito come grande assente il cinema di denuncia, quello forte non solo nelle idee di fondo, ma nelle immagini e parole, quello schierato che nessuno vuole proiettare perché implica una presa di posizione netta, spesso scomoda. Tutte le opere con messaggi legati a disagi politici, economici e/o sociali erano adatte al grande pubblico e non hanno neppure tentato di abbattere le sue difese. Nessun eccesso, quindi, tutto quieto, forse troppo customer oriented.

Juliette Binoche © Festival del film Locarno - Carlo Reguzzi

Juliette Binoche © Festival del film Locarno – Carlo Reguzzi

Poi c’erano gli ospiti, gli incontri col pubblico all’aperto, al chiuso dopo le proiezioni ufficiali, e improvvisati sui muretti la sera. Situazioni interessanti, istruttive, contagiose. Abbiamo visto una Melanie Griffith in forma smagliante; una Mia Farrow che sprizzava energia ed ha ammaliato una sala gremita di persone; un poliglotta e lucidissimo Armin Mueller-Stahl, che ha condiviso l’ascesa nell’olimpo hollywoodiano, e molti altri sino a Juliette Binoche, gran dama del Ferragosto e ospite del sabato di chiusura dell’edizione 2014 della kermesse. Ma la sensazione era sempre la medesima: mancavano i giovani-issimi, da sempre i più “rivoluzionari”, costantemente alla ricerca di cinema indipendente/ alternativo, e gran bloggatori.

Nel suo insieme il Festival numero 67 ė apparso più solido del precedente, quindi non disperiamo e confidiamo che nel 2015 saprà stupirci ancora di più. Nell’attesa, riguardiamo gli album delle foto e risfogliamo il diario a questo link :)

Vissia Menza