Oggi è il quinto giorno, stiamo facendo il cosiddetto giro di boa e, come da tradizione su MaSeDomani, scriviamo un post dettato dallo stream of consciousness che non contiene alcuna segnalazione (questa è la funzione del diario che trovate cliccando QUI), ma che tratta di un aspetto che ci ha colpiti in questa prima metà della kermesse êlvetica.
Giorni fa, uscendo da una proiezione, il mio sorriso (totalmente fuori luogo rispetto all’opera vista) ha attirato l’attenzione dei vicini, i quali mi hanno prontamente chiesto numi. La mia risposta è stata “è l’ennesimo film da festival”, frase che ha solo aumentato la loro curiosità.
Colgo quindi l’opportunità concessami da questa giornata speciale, per dedicare qualche riga ai giovani talenti la fuori (e quest’anno a Locarno ce ne sono davvero molti). Da divoratrice di pellicole mi piacerebbe, infatti, inneggiare al capolavoro molto più spesso di quanto accada. Quindi, chiedo ai neo-registi di provare in futuro nuove strade, e con ciò intendo il tornare alla tradizione, perché ho la sensazione che i risultati potrebbero essere stupefacenti.
Un nuovo giorno ai maggiori festival del cinema, tradizionalmente, si apre con la proiezione di un’opera in concorso. Ultimamente mi pare di vivere il giorno della marmotta. È un susseguirsi di lavori che potremmo definire ad esclusivo uso e consumo dei festival. Vi state domandando dove sia il problema? Sono colpita dal fatto che in concorso pare accedano solo opere con scarsa possibilità di ingraziarsi il pubblico oltre i cinefili, ossia coloro che gremiscono i multisala in cerca di evasione al venerdì sera, insomma, le persone che fanno il fatturato che concede all’Industry di andare avanti ed incantarci – anche – con piccoli gioielli low profile, low budget, low-tutto-quello-che-volete.
Le linee guida sembrano – ahimè – essere cinque, chiare, semplici, cristalline. Vediamole insieme. Il classico film “da festival” deve essere:
pseudo-culturale, quindi deve avere un messaggio possibilmente di denuncia più o meno velato, e deve citare/omaggiare solo letterati o altri artisti del passato. Insomma, alla citazione “colta” non si può fare a meno.
La progressione deve essere rigorosamente lenta, meglio se trascinata per i capelli, con lunghi (e spesso inutili) piani sequenza, così disarmonica da lasciare lo spettatore catatonico, stato che verrà in un secondo tempo rivenduto come “libertà di meditare e interpretare”.
I dialoghi devono essere parchi, a monosillabi e poco chiari, altrimenti il fascino del film “artistico” andrebbe perduto e soprattutto si comprenderebbe troppo presto ciò accade ai personaggi.
La colonna sonora, considerata oramai cosa sopravvalutata, in questi film non esiste (oltre alle poche parole udirete per lo più rumori ambientali, spesso stridenti e snervanti).
Da ultimo, tutto deve essere girato e montato come se fosse low budget anche quando non lo è. Alla camera a mano non si scappa, oggigiorno è troppo “trendy”, la pellicola deve per forza avere un aspetto poco fictional e molto documentary dai colori sbiaditi (non importa sia tutta una finzione).
Il risultato è che un’opera di una settantina di minuti, che con un buon montaggio avrebbe preso il volo, è un infinito strazio che ci offusca la vista non facendoci notare il buono che è davanti ai nostri occhi. I film divengono tutti simili, una vera fotocopia l’uno dell’altro e, purtroppo, gli ultimi ad essere proiettati non è detto che saranno i primi a salire sul podio. La stanchezza in chi guarda, infatti, potrebbe remar loro contro.
L’onda indipendente americana ha dimostrato che si possano creare pellicole con una manciata di dollari, e con pochi mezzi, che siano curate e tutte diverse, tutte ammalianti, tutte destinate ad “esplodere” una volta approdate in qualche cinema di provincia. Quindi, cari ragazzi, dal talento che aspetta solo di emergere, non abbiate paura di badare alla confezione e all’intreccio del vostro lavoro. Anche quella è sperimentazione, e potrebbe rivelarsi la migliore :)
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”