Il 2014 ė l’anno di Yves Saint Laurent. I festival del cinema più importanti del vecchio continente lo celebrano con ben due opere, due produzioni francesi, per narrare la vita di uno dei padri indiscussi dell’alta moda del 1900. A Berlino abbiamo visto il delicato e charmant bioptic “Yves Saint Laurent” diretto da Jalil Lespert, con il delizioso Pierre Niney/ Yves e il monumentale Guillaume Gallienne/ Pierre Bergé, di taglio drammatico. A Cannes in concorso viene portato “Saint Laurent”, un’opera preceduta da voci che la volevano “scandalosa”, con un cast grondante superstar del calibro di Louis Garrel, Lea Seydoux, Valeria Bruni-Tedeschi, sotto la direzione di Bertrand Bonello.

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I fatti presi in considerazione oggi, come due mesi fa, sono pressoché i medesimi, addirittura le decadi che non vengono esplorate son le stesse. Le fonti e l’esposizione un po’ meno. In Concorso sulla Croisette assistiamo a una produzione in pompa magna, forte di un cast a cui è richiesto di sfoggiare il suo appeal. La scenografia trasuda arte e ribellione. Tutto ė uno specchio dei tempi e dei relativi eccessi a discapito della narrazione. Si percepisce sin dalle prime inquadrature la voglia di creare un’opera “artistica”, lontana dal mero film biografico.

Questa nuova versione per la maggior parte del tempo fa avanti/indietro tra il 1974 e la seconda metà degli anni ’60, perlomeno sino alle battute finali quando – infine – ricordi remoti d’infanzia e gli ultimi anni di vita fanno il loro ingresso in scena, forse per chiudere un cerchio sino a quel momento fumoso e talmente fiacco da imporre allo spettatore un notevole sforzo per non assopirsi e per mantenere attiva la circolazione delle gambe (la pellicola dura 130 minuti che si subiscono dall’inizio alla fine).

Una scena del film "Saint Laurent" © 2014 MANDARIN CINEMA – EUROPACORP – ORANGE STUDIO – ARTE France CINEMA – SCOPE P

Una scena del film “Saint Laurent” © 2014 MANDARIN CINEMA – EUROPACORP – ORANGE STUDIO – ARTE France CINEMA – SCOPE P

La sceneggiatura e la regia propendono per un’esposizione indiretta, sfruttando inquadrature stroboscopiche, lettere declamate, brevi dialoghi, molte situazioni sociali “estreme”. Il risultato ė che personaggi e fatti sono dati per assodati, idem luoghi e collocazione temporale. L’evoluzione creativa dello stilista appare fugacemente ed è per lo più rappresentata da una miriade di matite, mentre i suoi sontuosi, colorati ed eclettici abiti si intravvedono per mezzo di sporadici orli e maniche. Non si comprende chi siano le due donne onnipresenti nella vita dell’artista e la famiglia appare, anzi per lo più scompare, con la medesima intermittenza delle luci dell’albero di Natale. Tutto questo per soffermarsi oltremodo su atti di ribellione che oggi non stupiscono più nessuno.

Senza una parabola, la trama latita e la parata di stella che sfila sulla scena non è insufficiente a mantenere alta la qualità di una pellicola che a ogni minuto ci convince sempre più essere adatta ai palinsesti televisivi pomeridiani e non al grande schermo. A onor del vero, due eccellenze ci sono: la fotografia e la musica. Soprattutto quest’ultima che ha avuto il faticoso compito di colmare, con il suo ritmo e le sue liriche, i vuoti di sceneggiatura e l’assenza di dialoghi di un film più noioso di un soporifero documentario notturno.

Una scena del film "Saint Laurent" © 2014 MANDARIN CINEMA – EUROPACORP – ORANGE STUDIO – ARTE France CINEMA – SCOPE P

Una scena del film “Saint Laurent” © 2014 MANDARIN CINEMA – EUROPACORP – ORANGE STUDIO – ARTE France CINEMA – SCOPE P

Non so quale fosse l’urgenza che ha spinto ideatori e produzione a gettarsi in questo progetto, e non conosco neppure il tabù che si voleva scalfire con le molte inquadrature esplicite. So, invece, che “Saint Laurant” è visivamente ineccepibile, strutturalmente debole e con poche speranze di dare del filo da torcere agli altri concorrenti.

Vissia Menza