Sono lombarda e ho un nonno del Monferrato, il riso è parte sostanziale delle mie radici familiari, del mio paesaggio quotidiano e della mia mensa. E credo che il verde dei campi di riso giovane sia il colore più bello che c’è.
Per questi geni curiosamente in comune mi sono perciò sentita particolarmente coinvolta dalla visione di THE SONGS OF RICE, un documentario quasi senza dialoghi, la cui colonna sonora è in parte composta dai suoni della natura e da quelli delle macchine mieti-trebbiatrici (ormai la coltivazione è meccanizzata anche in Thailandia). E poi ci sono le canzoni: canzoni che lodano la qualità del riso, che parlano della raccolta, e della lavorazione, e delle ricette; e poi filastrocche per bambini, e persino canzoni d’amore che parlano del riso. Il riso è parte essenziale non solo dell’alimentazione, ma di tutta la vita quotidiana thailandese. Ogni stagione dell’anno corrisponde a diversi stadi della coltivazione. Ogni momento nella vita agricola – l’aratura, la semina, il trapianto, l’allagamento e il prosciugamento delle risaie e, naturalmente, il raccolto – è preceduto e seguito da cerimonie, riti e processioni accompagnati da inni religiosi.
Il momento massimo lo si raggiunge nelle feste del raccolto, con cerimonie e offerte ai templi, cortei, canti e danze in cui vengono coinvolti per molti giorni interi paesi, che fanno a gara nel celebrare l’evento con spettacolosi giochi pirotecnici in pieno giorno.
Il regista Uruphong Raksasad viene da una famiglia di coltivatori e in ogni inquadratura si vede che sa bene di che parla. Racconta con competenza e affetto la dura vita dei contadini, le loro fatiche e speranze, il loro profondo legame con la terra. E con gentile umorismo ci mostra piccoli momenti quotidiani: le tragicomiche corse sui bufali; i ragazzini che nei campi precedono le mietitrebbia a caccia di topi, che incastrandosi nelle lame le potrebbero seriamente danneggiare; l’elegantissima e ingioiellata signora, probabilmente una cittadina tornata per l’occasione al paese, che danza a piedi nudi insieme alle altre donne sfoggiando l’auricolare bluetooth; la laboriosa preparazione dei giochi pirotecnici, con l’allegria per la riuscita e la delusione per il fallimento. Istantanee di un Paese dalle tradizioni millenarie che nemmeno la mondializzazione è stata in grado di infrangere.
Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.