Esiste l’amore puro e intenso che ti rapisce l’anima? E può essere eterno? Può un simile incantevole sentimento tramutarsi nel collante che tiene unita una intera famiglia durante le prove più dure della vita? Sarà vero il detto che gli opposti si attraggono e quando s’incontrano, formano un equilibrio solido e indistruttibile? Queste le domande a cui pare ispirarsi la favola narrata da Ferzan Ozpetek in “Allacciate le Cinture” in arrivo oggi nei cinema. Un melodramma, una storia di attrazione che a suo tempo ha unito due persone, in barba a raziocinio e ai luoghi comuni, che ancora oggi non si spezza.
Il regista ci porta a Lecce, calda città del Sud, dove lavorano Elena (Kasia Smutniak) e Fabio (Filippo Scicchitano), due amici per la pelle che hanno un sogno: aprire un locale tutto loro che diventi luogo di riferimento e d’incontro per i giovani. Prima di farcela però Elena proverà una irrazionale e travolgente attrazione fatale verso un uomo tanto ottuso quanto affascinante: Antonio, il compagno dell’amica Silvia (Carolina Crescentini). Una serie di fatalità, infatti, avvicinerà i due giovani sino a unirli.
L’idea del regista deve essere stata di regalarci un melò come non capitava da lungo tempo; una di quelle opere che ci fanno vibrare e s’insinuano sotto pelle; un film carico di vita e sofferenza, insomma di quotidianità; una storia d’amore appassionato, appassionante, struggente, e con quel malessere interiore che quando affiora sconvolge. E portarci nelle assolate terre pugliesi avrebbe dovuto amplificare la tensione e il dramma vissuto dai protagonisti. Immergere nelle cristalline acque di una caletta paradisiaca Kasia (Smutniak) e lo statuario e tenebroso Francesco (Arca), avvinghiarli e far loro fissare l’orizzonte, però, non è stato sufficiente a risvegliarci vecchie memorie e farci soffrire con loro.
La famiglia che seguiamo è comune, anche se con battibecchi spumeggianti superiori alla media, ma è ben lontana dal ricordarci “Le Mine Vaganti”. Ozpetek ama, infatti, portarci dentro le mura domestiche e con grazia mostrarci i drammi più intimi (e normali), ma a questo giro non pare essere accompagnato da una buona stella. Il film ci ha frastornato: tocca temi importanti e dolorosi con leggerezza, inducendoci a credere che il fulcro sia altro, ossia quel sentimento irrazionale e fisico che legale tempo i nostri moderni eroi.
Il messaggio però non passa: alla proiezione la platea era disorientata, non comprendeva cosa avesse appena visto. Molti erano provati dalla lunghezza di quel racconto trascinato, con dialoghi non sempre originali e briosi, e con due protagonisti non particolarmente comunicativi e/o espressivi. Alcuni, senza remore, hanno chiesto ad alta voce numi su come interpretare il finale, su cosa fosse accaduto e perché, segno inequivocabile che qualcosa nella comunicazione non sia andato per il verso giusto.
“Allacciate le Cinture” non difetta per la coralità ma probabilmente per la scelta degli interpreti e per il copione ondivago. Dopo una serie di opere riuscite, anzi adorabili, questa ci sembra debole e non all’altezza delle abilità dell’uomo dietro la macchina da presa, confidiamo quindi sia solo un incidente di percorso.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
I capolavori e i Veri Artisti suggeriscono e … disorientano
I capolavori e i Veri Artisti suggeriscono e … disorientano. La scelta degli attori, come sempre, molto oculata. Arca è stato scelto perchè nel suo ruolo non deve recitare, rappresenta la vita allo stato puro (vedi scena d’amore in ospedale dove lui cerca d’infondere pura e semplice vita a un corpo che sta morendo) e Kasia ha potuto interpretare il suo ruolo perchè ha sofferto nella sua pelle la sua tragedia. Arca ricorda Tarricone :)
Occasione un po’ persa per offrirci un discreto dramma di vita reale della vita di una giovane coppia della odierna realtà. Qulcuno mi spieghi, magari il regista stesso, il lungo e ripetuto flash-back nel finale del film di Elena e Antonio (è il loro corretto approccio iniziale di come si voleva avvenisse, invece di quello realmente accaduto? Ma era necessario sottolinearlo?). Il film ha un finale aperto o no? Sono un po’ …. disorientato.
Gaetano grazie del passaggio e del commento! Le tue domande probabilmente incuriosiscono altri lettori… ho fatto un tentativo e chissà, se siamo fortunati qualcuno di cast/ crew ci risponderà :)