Ė arrivato anche il giorno de “La bella e la Bestia”, favola tornata in auge grazie alla splendida animazione Disney di qualche anno fa. Una storia moderna con una forte eroina che salva il Principe imprigionato in un corpo reso inguardabile e con un’anima alla deriva. Racconto di un sortilegio, di un fio da pagare per non aver mantenuto una promessa e aver causato la morte dell’amata; intensa storia di fiducia e di amore che supera i luoghi comuni; sprone a concentrarsi sulla natura delle persone prescindendo dall’aspetto, concetto che mai come quest’epoca dominata dall’effimero e dal glamour ė necessario passare alle nuove generazioni.
I francesi ci provano, il regista Christophe Gans (un esperto in materia di fantasiose storie portate sullo schermo) mette una maschera all’affascinante Vincent Cassel, inguaina la splendida Léa Seidoux in sontuosi abiti impreziositi dalle più rare gemme, e forza i due alla convivenza in virtù di un patto con il di lei padre, André Dussollier. Lei ė Belle, la figlia più giovane di un mercante vedovo caduto in disgrazia con sei figli da sfamare; lui è la Bestia, il principe che perde il regno, la sposa e l’umanità, per non aver assecondato il volere della sua dama.
Il castello in cui vive La Bestia ė davvero magico, la favola letta da una madre ai bimbi prima di coricarsi è narrata con grazia (la voce ė talmente soave da aumentare esponenzialmente le nostre aspettative) e la calda luce rende tutto senza tempo e di un altro mondo, quello delle favole, appunto. La fotografia, la scenografia e i costumi sono tanto accurati da farci provare dispiacere quando ci rendiamo conto che la sceneggiatura fa acqua e non è per nulla all’altezza delle capacità del cast e del resto della crew.
Più si avvicina l’epilogo, più l’ilarità in sala esplode incontenibile, perché il film perde di classe e charme e, soprattutto, manca di quel necessario corredo di emozioni che i protagonisti dovrebbero provare. Belle inizialmente dovrebbe avere paura della morte, poi dovrebbe subire il fascino del castello e dalla sua storia e infine dovrebbe infatuarsi dell’uomo intrappolato nel corpo bestiale, che la tiene rinchiusa a palazzo. Tutto questo e molto altro invece si da per assodato, non viene mostrato, e si saltano tutti i passaggi che determinano i sentimenti della giovane e l’aumento delle speranze del principe. E poi c’è quel finale melenso e stucchevole che ha dell’incredibile e ci ha fatto esplodere in un’inopportuna e fragorosa risata corale, durante l’anteprima al Palast. Inutile quindi soffermarsi sul fatto che nulla abbia bucato lo schermo e sia riuscito a conquistarci.
Anche dimenticando le nobili origini della favola, il film ė scentrato: si chiude come una telenovela anni ’80 che dubito possa appassionare molti grandi e soprattutto i piccini, corredando i loro sogni di animaletti curiosi, di carismatici principi e splendide principesse. Voto: 4. L’opera ė ai limiti del grottesco, un’occasione persa di far buon uso delle meraviglie a disposizione.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”